Ho avuto la fortuna di conoscere i
Coram Lethe più di dieci anni fa, quando li avevo inseriti nel bill di un festival da me organizzato (e purtroppo saltato a causa del terremoto che colpì la mia regione, il Molise, nel 2002). Li ho sempre considerati uno dei gruppi più interessanti del panorama death metal nostrano, grazie al loro approccio estremamente cerebrale e intelligente, mai banale, frutto di un attento studio compositivo, mai privo, però, di potenza e violenza, né tanto meno perso in sterili pippe musicali fini a se stesse.
“Heterodox” è il quarto album in studio per i toscani, che ormai, anche se meno sotto la luce dei riflettori rispetto ad altre band forse anche meno meritevoli, sono riusciti a guadagnarsi il rispetto di tutti nella nostra scena, da sempre piena zeppa di veleni, invidie e altre cosette decisamente sgradevoli. E ancora una volta abbiamo a che fare con un album decisamente sopra le righe, violento ma privo di furia cieca fine a sé stessa. Sanno come annichilire l'ascoltatore i Coram, ma al tempo stesso riescono a catturarne l'attenzione grazie a trovate davvero interessanti (basta ascoltare il didgeridoo presente in apertura disco per capire di cosa parlo).
Avrete capito che, pur muovendosi in un ambito dove ormai è stato detto di tutto, e cioè quello del death metal melodico, i Coram Lethe hanno una forte dose di personalità, evitando, così, di cadere nel già sentito, o di copiare ciecamente i grandi del passato, riuscendo, invece, a creare composizioni che hanno un loro perchè, grazie anche ad inserti che esulano dal genere, sconfinando spesso e volentieri nel black metal meno becero e nel thrash, creando così brani ricchi e mai banali, che ascolto dopo ascolto crescono sempre di più e riescono a stupire. In positivo, ovviamente...
L'idea che si ha durante l'ascolto di “Heterodox” è di trovarsi di fronte ad una band non solo matura e assolutamente conscia dei suoi mezzi, ma anche di fronte ad una band che se ne frega altamente dei compromessi e va avanti per la sua strada, incurante delle critiche, interessata esclusivamente ad esprimere, in musica, le proprie emozioni, e poco importa se per farlo debbano usare un riff black, una melodia swedish o un passaggio alla Opeth, l'importante è il risultato finale, e vi assicuro che i Coram hanno assolutamente centrato l'obiettivo.
Quello che mi rattrista è che nella loro carriera i Coram Lethe non hanno mai raggiunto il giusto livello di notorietà, cosa che è toccata invece a tanti altri gruppi nostrani, sicuramente non meno meritevoli, chiariamo, ma penso che i toscani siano rimasti un po' troppo in ombra rispetto al loro reale valore. Quello che spero, quindi, è che con questo quarto lavoro in studio riescano finalmente a raccogliere i frutti di quanto seminato in tredici anni di carriera, perchè se lo meritano davvero.
Brani come”Hypno-magik”, “Waxed seal” (con tanto di Hammond), “The stench of extinction”, arricchiti tra l'altro dall'ottima performance del nuovo singer Gabriele Diana, che sostituisce la defezionaria Erika, oppure “Bare”, uno dei migliori del lotto, mettono ben in luce la prova magistrale dei nostri, sia delle due asce Fusi/Occhipinti, sia della sezione ritmica, vibrante e dinamica, ma al tempo stesso potente, ed enfatizzano al meglio le atmosfere che il gruppo riesce a creare.
Non ho molto altro da aggiungere... personalmente ritengo i Coram Lethe uno dei gruppi più originali (date un'occhiata anche a testi ed artwork), seri e umili della nostra scena, e penso sia giusto tributargli i giusti riconoscimenti. Date quindi una chance a “Heterodox”, vi assicuro che saranno soldi ben spesi...
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