I norvegesi
Tellus Requiem con il loro secondo album, "Invictus (The 11th Hour)", riescono nella non semplice e così scontata impresa di proporsi in un Progressive Metal, tra Symphony X, gli immancabili Dream Theater ed i Pagan’s Mind, che sappia coniugare un alto tasso tecnico e compositivo, senza rinunciare all'apporto emozionale, garantito tanto dai passaggi più Heavy quanto dalle soluzioni melodiche.
Certo anche loro non sono completamente immuni al rischio di proporsi in qualche passaggio vagamente stucchevole, come avviene con "Reflections Remain" o "Dies Irae", ma sono episodi contenuti e che non inficiano la resa complessiva di un lavoro in grado di dire la propria in un settore dove gli aficionados hanno notoriamente il palato fine.
Per illustrare al meglio le capacità ed il potenziale dei Tellus Requiem, la scelta può tranquillamente cadere su "Red Horizon" o "Sands of Gold", con le loro abilità nell'integrare complessi intrecci vocali con quelle interessanti intuizioni
spaziali ad opera del tastierista Anders Sundbø, ma anche sulle tentazioni neoclassiche di "Tranquility" e negli arpeggi acustici e nelle impennate elettriche di "Redemption (Frontiers 2)". Da sottolineare anche la prova del cantante Ben Rodgers, che salvo alcuni tentennamenti sui picchi più elevati, si mantiene sempre ben al di sopra della linea di galleggiamento.
Beh... in un periodo in cui l'anno scolastico volge ormai al termine e si tirano le somme, mi sento di promuovere ampiamente i Tellus Requiem, aspettandoli comunque al varco per un giudizio definitivo in occasione del loro terzo album.
PS Mi chiedo come mai questi norvegesi siano rimasti così influenzati dal
nostro Latino, tanto da utilizzarlo sia per il nome del gruppo sia per i titoli di diverse canzoni.
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