Un bel nome pomposo, un disco composto in più di un decennio, ospiti più o meno importanti, piacevoli nuove scoperte e una terra natìa, la Svezia, che tante buone cose ha dato al mondo della musica: cosa possiamo chiedere di più ad
Anton Johansson e alla sua rock/metal opera?
Assolutamente niente. O meglio, quasi niente.
Si perchè la "
Galahad Suite" (la chiameremo così per risparmiare) è un'opera magniloquente, grandiosa e tecnicamente perfetta sotto ogni punto di vista, con musicisti di primo piano a spartirsi il lavoro sulle 10 canzoni dell'album e due cantanti pressoché semi-sconosciuti che si rivelano due voci SPLENDIDE: la prima che abbiamo l'occasione di ascoltare è quella di
Alf Wemmenlind, autore anche di gran parte dei testi assieme proprio ad Anton Johansson, che presta la sua ugola d'oro sulla traccia iniziale "
Galahad: The Hope" e sulla finale "
Galahad: The Man"; la seconda è quella di
Carl Lindquist, che ci accompagna invece lungo tutto il disco, sia nei momenti più tranquilli come "
Loneliness: The Peace" sia in quelli più tirati come la successiva "
Never Alone: The Battle" o in "
Happy: The Incident", dimostrando un range e una pulizia davvero grandiosi.
Le canzoni sono curatissime a partire dal doppio titolo, che ci permette di capire fin da subito dove andrà più o meno a parare la canzone e in che punto della saga dell'eroe Galahad ci troviamo.
Per non farci mancare niente troviamo anche una bellissima strumentale, "
Morning Sun: The Battle", nella quale sono gli strumentisti i protagonisti della battaglia, padroneggiando uno stile proprio di altri progetti simili a questo quale i vari Ayreon e il Genius di Daniele Liverani.
Cosa possiamo chiedere di più quindi? Effettivamente niente, anche se non abbiamo per le mani nulla di nuovo, quindi forse un briciolo di originalità in più non sarebbe guastata..ma d'altronde, di fronte a così tanta qualità, ce ne importa davvero così tanto?
Personalmente la risposta è sempre no, a meno di sforare nel plagio, cosa che su "
Galahad Suite" di
Anton Johansson assolutamente non accade mai. Da ascoltare tutto d'un fiato e in rigoroso ordine, come da prassi quando si affronta un concept del genere: se siete fans delle metal opera ve ne innamorerete facilmente.
Quoth the Raven, Nevermore..
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?