Ho sempre snobbato gli
Edenbridge, senza peraltro avere un motivo particolare per farlo. Semplicemente l'ho fatto, come fanno tanti con diverse band delle quali sentono spessissimo il nome ma, per un motivo o per l'altro, non si avvicinano mai all'ascolto.
Li ho sempre snobbati dicevo, sbagliando di grosso: gli austriaci infatti sono autori di un album davvero interessante, "
The Bonding", ottavo della carriera dell'ormai decana band d'oltralpe.
Interessante non tanto per la proposta musicale, power metal dalle tinte chiaramente sinfoniche e arricchito da un'angelica voce femminile, quanto per il modo in cui un genere all'apparenza stantio come il sopracitato sia presentato in maniera fresca e attuale. Il paragone più azzeccato che mi è saltato alla mente sono ovviamente i Nightwish di Tarja (pur con una
Sabine molto meno lirica) ma anche i loro connazionali Serenity, in particolare per la componente sinfonica dei brani.
Due brani su tutti: la ballad "
Star-Crossed Dreamer", nella quale la bellezza della voce di Sabine splende in maniera meravigliosa e la suite finale omonima
"The Bonding", davvero un piccolo gioiello di metal sinfonico come non se ne sentivano da un bel po', tanto semplice nella struttura quanto complessa nell'avvicendarsi dei vari "momenti", quasi un'opera teatrale nella sua impostazione.
"The Bonding" si rivela quindi un album intrigante e rivelatore, almeno per il sottoscritto, di una band che forse nella sua carriera ha raccolto meno di quanto meritato, lasciando il blasone delle luci della ribalta a gruppi che forse hanno un briciolo di talento in meno ma una miglior capacità di vendersi. Felice di avervi finalmente conosciuto.
Quoth the Raven, Nevermore..
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