Ed eccoci ancora una volta a dover commentare una produzione discografica quasi completamente privi di appigli in qualche modo “oggettivi”.
Quando un gruppo musicale ripercorre per filo e per segno le tipologie sonore e stilistiche di un colosso incontrastato del genere di riferimento e per di più quest’ultimo vanta un numero impressionante d’imitatori, su quali basi si può impostare un’analisi
raziocinante della faccenda?
La prima tentazione è di risolvere l’
empasse inserendo l’
imbelle impresa nel novero ben poco edificante del plagio infruttuoso, ma se poi l’ascolto del disco, nonostante tutte le “distaccate” considerazioni, ti procura un brivido lungo la spina dorsale e stimola i tuoi sensi in una maniera che nemmeno i “titolari” di quel suono sanno più riprodurre, come la mettiamo?
Non possiamo esimerci, dunque, dal tirare in ballo quella famigerata “attitudine”, la misteriosa materia che distingue i tanti patetici emuli dai discepoli più efficaci, in grado di aggiungere allo zelo di una lezione imparata alla perfezione, anche lo “spirito” giusto per sciorinarla con una certa credibilità.
Gli argentini
42 Decibel suonano come gli AC/DC dell’era Bon Scott, hanno un cantante che sembra la reincarnazione dell’indimenticato vocalist australo-scozzese, il loro “Hard rock n’ roll” è zeppo di cliché (anche dal punto di vista dei testi …), eppure non puoi fare a meno di ritrovarci quella rabbia atavica, quel
groove alcolico, quel
blues bastardo e quel
rock n’ roll maleducato e bollente che così tante volte hanno fatto fremere i
fans dei sovrani assoluti dell’
hard n’ boogie, che qui vengono celebrati come meglio non si potrebbe.
La poca personalità, così, finisce per stemperarsi in una bolgia di quattro quarti, di
riff vibranti e contagiosi, di cori appassionati, di
solos frementi e in una voce abrasiva che brucia di passione e di
whisky, tanto “vera” da far dimenticare per un attimo la sua evidente deferenza.
“Scotch drinker”, “Long legged woman”, “The real deal” e l’ardente appello “Take me”, e poi ancora “I`m gonna give you all”, “Addicted to rage”, "Rocker soul” e l’epica “Drunk love” vi riporteranno indietro ad un tempo in cui gli
aussies più famosi del
rock avevano “fame” di affermazione e un’inarrestabile urgenza comunicativa e trasgressiva, giunta purtroppo, come ben sappiamo, alle estreme conseguenze.
Il valore “artistico” dell’albo è ovviamente limitato dai suoi stessi presupposti espressivi e tuttavia per i 42 Decibel non è proprio possibile parlare di un ennesimo caso di “no guts, no glory” (
oooops …), dimostrando che per la conquista della
gloria (senza esagerazioni, magari …), a volte, il
come la fai è più importante della “cosa” stessa.
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