Dopo parecchi anni di propensione alla commistione e alla contaminazione, il mondo del
rock sembra aver riscoperto le sue “radici” (una cosa, di per sé certamente positiva, soggetta, però, come sempre accade, a preoccupanti fenomeni inflazionistici …), ma nonostante tutto c’è ancora qualcuno che crede nel potere creativo del
crossover, un genere che in realtà non ha mai abbandonato i favori del pubblico e del
business discografico, magari declinato nelle sue formulazioni più accessibili ed emotive.
Gli
Steel City di Crema, nonostante il
monicker vagamente fuorviante (almeno per il sottoscritto, che si aspettava, visti anche i tempi di diffuso
revival, una band di cromato
HM “classico” …) si pongono esattamente all’intersezione tra il “vecchio” modo d’intendere il concetto di
meltin’ pot (Machine Head, Faith No More, …) e le recenti tendenze dell’
alternative (Avenged Sevenfold, Bullet For My Valentine, Alter Bridge, Creed, …), realizzando un prodotto di buona qualità, in cui s’incontrano tensione, fantasia, aggressività e adulazione, abbastanza ben amalgamate e proposte attraverso un linguaggio espressivo sufficientemente equilibrato.
Al quadro complessivo manca forse solo un pizzico di fluidità e di magnetismo nelle strutture armoniche, elementi provvidenziali per ottimizzare composizioni che talvolta appaiono un po’ “forzate” e superficiali, o comunque leggermente carenti in fatto di penetrazione sensoriale.
In tale contesto, una potente
title-track, la straniante “Last evolution”, le
thrash-osissime “No one's guilty” e “Mandragora” e ancora le velleità “radiofoniche” di "Under your face” (gran bel lavoro,
guys …) sono i pezzi a trasmettere le impressioni migliori, mentre “Faster “e “Black heart monster tears” procurano effetti contrastanti, a causa di qualche piccola sfocatura che ne limita l’incisività nonostante il dinamismo, la discreta inventiva e un’interessante forma di rivisitazione della dirompente dottrina
nu-metal.
“Now it's time” piace perché fa “rivivere” piuttosto efficacemente la migliore “stagione” dell’ibridazione sonora, con quell’attitudine sottomessa solo al principio “superiore” della sperimentazione intelligibile.
Lo “spirito” giusto c’è e i perfezionamenti non potranno che arrivare …