Dunque, tentiamo di mettere ordine: i
Drottnar sono un gruppo norvegese, ma il moniker è di origine islandese e significa “ I Dominatori”, o “I Re”; suonano un genere da loro chiamato bunker metal (?), eppure son cristiani; inizialmente indossavano costumi vichinghi, mentre ora adottano uno stile militaresco, con uniformi piuttosto simili a quelle dell’esercito sovietico...
Ok, ci rinuncio: lasciamo perdere l’ordine, e sorvoliamo sulla mia opinione in merito alle band estreme che si professano cristiane (non vorrei mai alimentare polemiche su temi che poco hanno a che spartire con la musica). Sarà meglio concentrarsi, per l’appunto, sulla musica, che tra l’altro non è affatto male!
Ascoltando questo
Stratum, secondo full lenght del quintetto scandinavo, v’imbatterete infatti in un black metal moderno e originale, colmo di tempi dispari, riff dissonanti e follia compositiva. Gli otto brani suonano come autentiche schegge impazzite: quando crederete d’aver decriptato la direzione di un pezzo, ci penserà un improvviso quanto drastico mutamento di ritmo a farvi ricredere. Ciò contribuisce senz’altro a incrementare l’interesse iniziale; tuttavia, il trucchetto inizia a mostrare un po’ la corda nel lungo periodo, rendendo meno stimolante la fruizione del disco una volta che l’effetto sorpresa si è esaurito. Allo stesso modo, trovo che qualche passaggio più melodico e votato all’atmosfera avrebbe giovato alla resa complessiva del lavoro: prova ne sia la porzione conclusiva della bella
Soul Suburbia, con quel feeling apocalittico da brividi.
Ciò non toglie che la proposta dei
Drottnar resti, nel complesso, fresca e interessante; non guasta senz’altro la ragguardevole perizia strumentale dimostrata dai nostri (la coppia di asce, formata da
Karl Fredrik Lind e
Bengt Olsson, è mostruosa), così come aiutano i suoni, asciutti e potenti.
Alla luce della particolarità della proposta, non intendevo spendere paragoni con altri gruppi; invece, dal nulla, mi sono sovvenute due discrete assonanze. Per la prima citerei i connazionali
Extol (forse perché anche loro sono dichiaratamente cristiani, chissà), mentre la seconda, forse più lampante, chiama in causa la prima metà di
Grand Declaration of War, controverso lavoro dei
Mayhem (che cristiani, almeno loro, non sono affatto) risalente al 2000 (anche lo screaming del singer
Sven-Erik Lind ricorda quello di
Maniac). A me l'album in questione era piaciuto, ma so che molti lo detestano; tenete quindi conto del parallelismo, se state valutando l’acquisto di
Stratum.
Difficile indicare pezzi più rappresentativi di altri, posto che il livello medio delle composizioni si mantiene costante lungo i 40 minuti scarsi del platter; volendo compiere lo sforzo, designerei l’opener
We March (pazzia allo stato puro), ed
Ersatz (la più quadrata e groovy del lotto).
Bravi
Drottnar: la vostra attitudine mi fa sorgere più di una perplessità, ma il vostro bunker metal no. Avviso agli amanti del black più tecnico e schizofrenico: questo è il gruppo che fa per voi.
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