Copertina 4

Info

Anno di uscita:2013
Durata:non disponibile
Etichetta:Xtreem Music

Tracklist

  1. AZOR
  2. DOOMED FROM THE CRADLE
  3. GARDENS OF STONE
  4. SMILE AS YOU KILL
  5. THE PRIEST
  6. WE ARE BACK IN TOWN
  7. IMPERA LA CORRUPCIóN
  8. PEOPLE IN WAR (2013 VERSION)
  9. LONG LIVE ROCK & ROLL (RAINBOW COVER)

Line up

  • Pep Casas: guitars
  • Albert Gracia : vocals
  • Zappa. bass
  • Ferran. drums

Voto medio utenti

Ascoltare questo nuovo lavoro dei Fuck Off è un po' come ritrovare una musicassetta impolverata da qualche parte in casa, ascoltarla per curiosità e scoprire che era una delle tue tante cassettine thrash di gruppetti di seconda/terza fascia, degli anni '80.
Invece, la band in questione è di quegli anni, la proposta musicale anche, il suono pure ma l'album è appena uscito.

La storia dei Fuck Off è piuttosto travagliata. Sono stati la prima thrash band della Spagna con un debut album del 1988 (Another Sacrifice) seguito nel 1990 da uno split-up con infiniti problemi legali legati al nome (!) che li ha portati l'anno scorso a pubblicare la riedizione dell'introvabile esordio e ora, come per recuperare il tempo perso, tornano sul mercato con questo Smile as You Kill.

7 pezzi nuovi, la riregistrazione di People in War (dal loro primo 7" EP) e una cover di Long Live Rock & Roll (Rainbow). Davvero poca roba. Altra cosa da segnalare: la formazione che ha registrato questo disco, non si sa. Solo lo storico Pep Casas, chitarrista e detentore dei diritti del nome (sticazzi ndr), ha suonato su tutte le tracce che sono cantate da tale Albert Garcia (che ha un timbro simile a quello di Bobby Blitz), tranne Gardens of Stone, eseguita interamente dal singer originale Joe. Il tutto, in appena tre anni di registrazioni...
Perché vi sto a raccontare tutto questo? Forse perché è più interessante della musica contenuta nel disco.
Gli spagnoli ci propongono uno speed/thrash metal che più ottantiano non si può, pesantemente derivato da Overkill, Whiplash e Xentrix con canzoni costruite in modo identico l'una all'altra. Pezzi veloci, fatti di riff semplici (spesso bicordi accelerati), buchi di songwriting con in mezzo quasi un minuto di assolo da principiante, buttato lì, fatto con una sporca pentatonica e dei bending approssimativi, roba che una tartaruga ninja con un dito rotto potrebbe tirare meglio (e vorrei in questa sede ricordare che gli allievi del Maestro Splinter hanno 3 dita). La cosa migliore è la copertina, questo fa capire che anche la produzione è scadente.

Avranno forse qualcuno che li segue nel loro paese (per simpatia, per picchiarli, che altro?), ma di scucire 20 sacchi per 'sta robetta, non se ne parla.
Recensione a cura di Francesco Frank Gozzi

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