Copertina 5

Info

Genere:Death Metal
Anno di uscita:2013
Durata:non disponibile
Etichetta:Inverse Records

Tracklist

  1. A CURSED HERITAGE
  2. PRESENT OF GUILT
  3. LAMENT OF MADELEINE
  4. THE DARKEST SECRET
  5. SILENT AS SHADES ARE
  6. ANGEL GONE
  7. THE 7TH SEAL
  8. OCEANS
  9. PRIZE DENIED

Line up

  • J. Alonso: vocals
  • Andrés Pérez: guitar
  • J.L. Trebol: guitar
  • Konrad: bass
  • Israel Pérez: drums

Voto medio utenti

Nello straordinario ed infinitamente vasto mondo metal ci sono moltissimi sotto-generi e ognuno ha i suoi preferiti. Io ad esempio posso agevolmente ascoltarmi un disco di brutal death poi passare ad un classico heavy metal e continuare con del buon doom. Ora, una cosa è ascoltare band diverse che propongono con convinzione e maestria una musica, un'altra è invece buttare nella propria proposta tutto quello che piace. Cosa che purtroppo fanno gli spagnoli Dawn of Tears, giunti con Act III: The Dying Eve al secondo album.

Inizio col dire che questo è uno dei dischi più paraculo che io abbia mai sentito. Descritti come melodic death metal dalla propria etichetta, quello che sono in realtà questi spagnoli è un agglomerato di influenze che vanno dal death (senza averne la pesantezza) al black (senza la velocità e la cattiveria) al power (solo nella ritmica, niente riff potenti) al gothic (senza trasmettere malinconia) al thrash (senza farti sbattere la testa) al symphonic (ma solo con le tastiere, niente orchestra). Per non farsi mancare nulla, il quintetto aggiunge anche sporadiche voci femminili.

Il minestrone musicale risulta essere un surrogato di Children of Bodom, Sentenced e Dark Tranquillity (alla lontana eh!) infarcito all'inverosimile di melodia, dove l'unico elemento estremo è il cantato di J. Alonso che con il suo growl, non profondissimo ma bello e graffiante, marchia canzoni che sono invece molto piacione. Pochissimi sono i pezzi veloci, la maggior parte sta tra il mid tempo e l'up tempo, con tappeti di tastiere, assoli e riff melodici, rallentamenti che vorrebbero dare un tocco gotico e sprazzi di elettronica. Attenzione, il tutto è ottimamente suonato (a parte la batteria, piatta come poche), con una buona produzione e con canzoni che sono assolutamente catchy ma... il problema è che non trasmettono nulla. Devo confessare che durante il primo ascolto mi sono appisolato, tanta è la verve del gruppo.

Sono sicuro che questo disco verrà incensato da molti, prenderà ottime valutazioni e i Dawn of Tears (anche nel nome la fantasia vola...) si ritaglieranno una fetta di notorietà, ma per me rimangono troppo easy, senza personalità, il regno dello sugar pop, musica di plastica insomma, ditelo come volete.
Recensione a cura di Francesco Frank Gozzi

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