Sarò schietto e sincero… ho sempre pensato che i
Warbringer siano stati troppo sopravvalutati e pompati dalla stampa, ma anche e soprattutto dai metal kids più giovani. Per carità, il loro thrash diretto non è malaccio, ma non colpisce a fondo… lascia qualche livido qua e là, ma di ferite letali neanche la traccia… È quindi con un bel po’ di pregiudizio che mi sono messo all’ascolto di “IV: empires collapse”, sperando, ovviamente, di essere smentito da una manciata di ottimi brani. Beh, ascoltato tutto l’album devo dire che mi sono potuto ricredere solo a metà… Mi spiego: ho apprezzato una cosa in particolare, e cioè che i californiani hanno deciso, finalmente, visto che stiamo parlando del quarto album in studio, di dare una piccola svolta alla loro proposta. Niente più solo ed esclusivamente furia cieca, neanche tanto ben mirata, bensì un’apertura a piccole contaminazioni atte a diversificare i vari brani, senza per questo dover snaturare la propria proposta. Ecco quindi qualche accenno più death, qualcosa più spiccatamente classic/power (US, of course), ma soprattutto una diversificazione delle ritmiche e delle melodie vocali, che alla fine portano quel tocco di freschezza in più che non guasta affatto. In poche parole, stiamo parlando di una raggiunta maturità compositiva, che si traduce in brani più ragionati (“Leviathan” è snodato quasi interamente lungo un roccioso mid tempo), e, fondamentalmente, in uno stile più personale. Dov’è, quindi, il problema, vi chiederete voi? Beh, la risposta è semplice… Pur avendo apprezzato decisamente questa svolta più matura, e pur dovendo ammettere la notevole evoluzione da parte del quintetto (peraltro rinnovato nella line up rispetto al precedente “Worlds torn asunder”, visto l’ingresso del nuovo chitarrista Jeff Potts e del nuovo bassista Ben Mottsman), resta il fatto che le composizioni non fanno certo gridare al miracolo, e restano abbastanza nell’anonimato. Cosa vuol dire questo? Che considero questo disco come un album di transizione, che scontenterà i thrasher più intransigenti, che probabilmente preferivano l’attacco all’arma bianca da parte della band, ma anche gli ascoltatori più maturi, che apprezzeranno qualcosa qua e là, ma rivolgeranno i propri ascolti decisamente verso altri lidi. Significa, però, anche che a questo punto la speranza è che per il prossimo disco la band raggiunga davvero la maturità che tutti ci aspettiamo da loro, e riesca a sfornare, finalmente, l’album definitivo della propria carriera. Per adesso non possiamo fare altro che prendere atto che “IV: empires collapse” ha soltanto sfiorato l’obiettivo, ma dobbiamo anche dare un voto di incoraggiamento, in quanto le buone intenzioni vanno decisamente premiate (calcolate un mezzo voto in meno per il reale valore (secondo me, ovviamente) dell’album). Tra i brani più significativi, oltre alla già citata “Leviathan”, ci sono sicuramente la violenta opener “Horizon”, la punkeggiante “Off with their heads!”, “Hunter-seeker”, e “Black sun, black moon”. Per il resto, un dischetto onesto, ma niente di più…
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