Ancora una volta, nel giro di qualche mese, mi ritrovo a dover rimangiare i miei pregiudizi verso la scena estrema spagnola, visto che “XIII”, terzo album in studio dei
Barbarian Prophecies” non è affatto male. Certo prima di proseguire c’è da sottolineare immediatamente come questo disco nulla tolga e nulla aggiunga a quanto vomitato fin’ora in ambito classic death metal, risultando, anzi, spesso e volentieri un tantino monotono e derivativo. Tutto sommato, però, ci troviamo dinanzi ad un album che ha un suo perché. Ottimamente suonato, con un eccellente prova del drummer Julio G. Valladares, e pienamente sufficiente anche dal punto di vista sonoro, con il classico mastering effettuato agli arci noti Finnvox Studio, si lascia ascoltare con interesse. Buono il riffing delle due asce, mai banale, e buona anche la scelta di alternare parti sonore più violente ad altre più ragionate, in mid tempo, in modo da non risultare eccessivamente scontati e banali presentandosi con un assalto sonoro monolitico e ripetitivo. Dopo un buon brano introduttivo, “The hidden”, è sicuramente con “Into the infinity void” che i nostri piazzano il pezzo da novanta, regalandoci una song matura e decisamente bella, il loro piccolo capolavoro… Non si tratta dell’unica highlight del disco, ma sicuramente è la canzone che colpisce più delle altre. Per il resto ci troviamo di fronte a brani mediamente lunghi, che riescono a non risultare eccessivamente tediosi grazie a quell’alternanza di cui parlavo prima, anche se la lunghezza generale dell’album sfianca un po’, mentre a convincere un po’ meno è il growl del singer Xavier Lovelle, poco incisivo e decisamente monocorde, sicuramente l’anello debole della catena Barbarian Prophecies. Quello che manca per poter parlare di qualcosa in più di un album buono ma che rimarrà probabilmente nel dimenticatoio, è la presenza di un numero maggiore di killer song come “Into the inifinity void”, e, in generale, un po’ di coinvolgimento in più, visto che i brani scorrono via piacendo, ma non lasciando quelle emozioni che un genere come il death metal deve trasmettere. Dal punto di vista della personalità, invece, la band è già ad un buon punto, perché nonostante i richiami alla scena svedese siano evidenti tanto quanto quelli a band storiche come Bolt Thrower o Malevolent Creation, alla fin fine i nostri sono riusciti a costruirsi uno stile sufficientemente personale. La label nostrana WormHoleDeath Records c’ha visto giusto, quindi, dando una possibilità agli spagnoli. Ciononostante, però, mi sento di consigliare l’acquisto solo ai maniaci e ai completisti del death metal. Chi possiede già i grandi dischi del passato può anche soprassedere…
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