Gli
Ewigheim, ormai, sanno cosa attendersi da
Metal.it: quattro album recensiti sinora e quattro votazioni identiche. Siccome non volevo far la figura del pecorone che segue il gregge, ho tentato d’inventarmi qualche motivazione più o meno plausibile che mi permettesse di mutare il giudizio.
Niente da fare: resto fermamente convinto che l’aggettivo “discreto” inquadri in modo ineccepibile la cifra artistica di questo progetto.
Progetto che non rappresenta un mero divertissement ma una band vera e propria per le due colonne portanti della stessa,
Yantit (proveniente dai sottovalutati
Eisregen) e
Allen B. Konstanz, già voce dei grandi
The Vision Bleak (stupendo il recente
Witching Hour), i quali riversano proprio negli
Ewigheim le loro insopprimibili pulsioni electro-dark-gothic. In fondo sono pur sempre tedeschi, no?
Il sottoscritto, pur vantando scarsi punti di contatto con la patria di Bertold Brecht (anzi: ai bei tempi del liceo, prendere una sufficienza in tedesco era un’impresa), è riuscito comunque a entrare in sintonia con la proposta dei nostri senza eccessive difficoltà.
Presumo sia sufficiente aver ben chiaro cosa aspettarsi: qui la casa offre brani dalla struttura semplice, perlopiù impostati su tempi medi e giocati su melodie di facile presa. Chi ricorda il loro singolo
Durrer Man sa a cosa mi riferisco; per gli altri, pensate a dei
Rammstein cui abbiano sgonfiato le chitarre, frenato l’incedere marziale e ingentilito gli animi.
Così, il timbro caldo e baritonale di Allen, che sotto il profilo interpretativo si avvicina molto al solito
Till Lindemann, ci conduce con successo lungo le spire della contagiosa
Die Augen Zu (a proposito di
Rammstein…), della tenebrosa
Liebes Leid e della sofferta
Sanctum Imperium, pezzo dal feeling estremo in cui fa addirittura capolino un inatteso screaming di matrice black metal.
Alcuni filler, come la noiosa
Am Meer e la commercialotta
Himmelfahrt, non creano grandi danni a livello di resa complessiva, venendo comunque assorbiti nell’avvolgente fluire di un disco che riesce sempre a “farla franca” grazie all’ottima produzione e agli arrangiamenti curati.
Ho già sbandierato le mie deficienze nella comprensione del teutonico idioma, ma quel poco che so mi è bastato: per fortuna nemmeno stavolta le lyrics abrasive, macabre, intrise di humor nero e negatività sono state abbandonate (anche se l’atto sessuale del cadavere in decomposizione descritto in
Morgenrot rimane imbattuto).
Questo
Nachruf ("necrologio", giusto per rimanere in tema), in fin dei conti, si rivela prodotto di qualità e confezionato con perizia, in grado di far trascorrere all’ascoltatore tre quarti d’ora piacevoli ma non indimenticabili.
Discreto, per l’appunto.
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?