Santa Madonna, ci voleva tanto.Pensavo che oramai questo tipo di metal fosse estinto, soffocato dalla sboronaggine di personaggi che pensano più ad apparire che a concretizzare, di chitarristi persi nei loro incomprensibili meandri, di batteristi attenti solamente ad inestricabili ed inascoltabili controtempi, il tutto teso ad un'astrusa ed elitaria "forma", così insopportabilmente radical chic da sotterrare qualsiasi forma di sostanza, che si traduce in "
canzoni", perchè il fine ultimo della musica è da secoli sempre lo stesso, comporre belle canzoni, trasmettere emozioni a chi ascolta, se poi il musicista in questione è super tecnicissimo abilissimo intricatissimo a me non frega un beneamatissimo, quel che conta è la musica e non la sboronaggine e la tecnica, qui pur presente in abbondanza, va messa al servizio dei brani e non l'opposto.
Il fatto che gli a me sconosciuti
Unwise siano italiani e che siano stati capaci di riportare il progressive metal su binari "metal" (ma guarda un po', si chiamava così appositamente...) mi dà un'enorme soddisfazione, al pari di quella provata durante i ripetuti ascolti di "
One", il loro debut album, e leggere che lo stesso è autoprodotto mi getta davvero nello sconforto, quando quotidianamente mi devo imbattere con decine, centinaia di porcate supportate da blasonate etichette, almeno per quanto fatto in passato...
Questo "One" è, per usare le parole della band, "
un concept album che parla della crescita della coscienza di un uomo contrapposta alle trappole e tentazioni del mondo moderno" e si articola lungo tredici brani, e già questa è una novità: invece di tre pallosissimi brani da 17 minuti troviamo tanti brani da 3, 4, 6 minuti,
alleluja reprise.
Quel che è più importante è che gli stessi brani ci consegnino un prog-metal davvero imponente, così terribilmente e fortunatamente ancorato al passaggio dagli '80 ai '90, con eco di
Fates Warning, sfortunatamente non proprio quelli dei primi quattro dischi ma va bene lo stesso, e
Lethal (ma sì, quelli di "
Programmed", sempre 1990) intriso di un melodic hard rock piuttosto deustchland-cromato che richiama le formazioni più note ed in forma di metà anni novanta e certe soluzioni affiancabili ad un rifframa di una certa coppia
Smith/Murray: dopo un paio di intro, come al solito musicalmente inutili sebbene utili al fine del concept, esplode la potenza di "
The Vision" e subito possiamo ammirare una band che gira come un orologio svizzero a Milano, con l'ottimo
Luca Zontini alla voce che riesce a conferire la giusta potenza e melodia a brani che appaiono impeccabili sin dal primo ascolto.
Così convince subito "
Safe & Sound" ed ancora meglio riesce a fare "
Cold Comfort", sebbene la stessa debba cedere lo scettro della migliore del lotto a "
One Way Out", capace di un'energia ed un fomento che nella mia follia associo a quella di "
Digital Dictator" dei
Vicious Rumors: due generi diversi ok, ma spogliandosi della loro componente progressiva, che alla fine emerge solamente dopo un minuto e mezzo di brano, gli Unwise non è che ci vadano poi così lontani...e se non si capisce, questo è un GRANDE bene: basti ascoltare il finale con l'acuto in crescendo, true metal al 100% !!!
Ovviamente si passa anche in brani più emozionali e di introspezione, come la nomen omen "
A Place for Thoughts" e "
Metamorphosis", nonchè la conclusiva title-track cantata in coppia con una voce femminile che ci regala altre emozioni positive, chiudendo un album a cui non resta che levarsi il cappello.
Davvero un debutto felice come la sorpresa che ci ha regalato nel suo ascolto e nello scoprire questa bellissima realtà tutta italiana che speriamo non vada ignorata che possa essere scoperta da quanta più gente possibile, dato che qui si parla di Musica con la M maiuscola.
M come Metal.