Ormai non è più un'eccezione, ma la regola, constatare che la nera fiamma affievolitasi progressivamente in Norvegia ha trovato a sorpresa nuova vita in Francia, un paese dalla scarsa tradizione metal. Tuttavia, questa posizione che si potrebbe presumere svantaggiosa ha quasi "protetto" i musicisti d'oltralpe in una sorta di cortina d'isolamento in cui hanno coltivato per anni attitudine e motivazioni in attesa di uscire allo scoperto. E infatti dopo due ottimi lavori i Nehemah giungono in grande forma al checkpoint del terzo album: una prova temuta e difficile anche per i musicisti più blasonati, che i nostri riescono a superare in modo più che egregio. Ovviamente lo stile non è cambiato di una virgola, black metal vecchio stile, grezzo, furioso, pieno di rabbia e di inquietudine. La nota particolare è che il trio francese fa le cose con molta calma (non nel senso dei tempi, ma dell'organizzazione delle idee), lasciando che la musica fluisca in modo naturale senza forzature. Questo da un lato genera canzoni concrete e coerenti, ma dall'altro contribuisce ad allungare l'album fino a raggiungere quasi l'ora di musica, che rischia di diventare davvero lunga. Fortunatamente i Nehemah non si perdono in accelerazioni a senso unico, ma uniscono alla violenza del black metal old style alla Darkthrone alcuni momenti lenti e malinconici all'insegna della depressione, in cui i tempi quasi si fermano in attesa di un'esplosione che sembra non arrivare mai. La musica spesso si sposta in sottofondo e, voluto o no, questo effetto rende l'ascolto di "Requiem Tenebrae" difficile e doloroso. Non ci sono punti di riferimento, niente melodie o riff da ricordare, nessun inutile orpello nella musica dei Nehemah... e questo nichilismo non può fare altro che colpire. Sicuramente l'album non sarà facile da comprendere, ma una volta entrati nelle visioni del trio francese sarà difficile uscirne indenni... l'effetto è assicurato.
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