Copertina 5

Info

Genere:Heavy Metal
Anno di uscita:2013
Durata:54 min.
Etichetta:Warner Bros

Tracklist

  1. SHEPHERD OF FIRE
  2. HAIL TO THE KING
  3. DOING TIME
  4. THIS MEANS WAR
  5. REQUIEM
  6. CRIMSON DAY
  7. HERETIC
  8. COMING HOME
  9. PLANETS
  10. ACID RAIN

Line up

  • M. Shadows: vocals
  • Zacky Vengeance: guitars
  • Synyster Gates: guitars
  • Johnny Christ: bass
  • Arin Ilejay: drums

Voto medio utenti

Polemiche, polemiche, sempre polemiche. Quando ci sono di mezzo gli Avenged Sevenfold, le polemiche sono l'onnipresente contorno, fin dall'inizio dell'ormai dozzinale (nel senso di dodici eh!) carriera. Che barba, che noia.

Si perchè onestamente non se ne può più. Gli Avenged Sevenfold sono bravi, checché i numerosi detrattori possano dire, sono talentuosi e hanno davvero un ottimo gusto. E' sempre e solo una questione di gusti, se non vi piacciono non ascoltateli e morta li, ma piantiamola con gli insulti gratuiti e le offese senza senso, anche perchè la maggior parte dei detrattori non ha mai ascoltato manco mezza nota.
Finita la nota polemica sui polemici, iniziamo a parlare di "Hail to the King", sesto album della band californiana che fa seguito al riuscitissimo "Nightmare", album sul quale sappiamo tutti aver suonato il prezzemolino Mike Portnoy. Il buon Mike e i Sevenfold hanno separato le proprie strade e i nativi di Huntington Beach hanno assoldato tra le proprie fila il 25enne Arin Ilejay, ex dei Confide.
Ottima scelta o no, sarà solo il tempo a dirlo, anche se il sottoscritto ha finora maturato opinioni divergenti: su disco mi è sembrato piatto, noiosetto e banale, forse eccessivamente ingabbiato in soluzioni esageratamente semplici, che non gli hanno permesso di esprimere il suo talento, che è risaltato in tutto il splendore nella prova live a cui ho avuto il piacere di assistere in quel del Forum di Assago, nella quale si è esibito in soluzioni stilisticamente affini al più recente Portnoy e specularmente al compianto The Rev.
Il problema di "Hail to the King" è che gli aggettivi "piatto, noiosetto, banale e eccessivamente ingabbiato in soluzioni esageratamente semplici" sono applicabili non solo alla prestazione di Ilejay ma un po' a tutto il disco. Davvero, lasciamo perdere le polemiche, alimentate anche da Robb Flynn dei Machinehead, sulle scopiazzature vere o paventate dei diversi brani (anche se, va detto per onor di cronaca, "This Means War" è davvero la scopiazzata di "Sad But True"), il fatto è che l'ispirazione che ha caratterizzato i precedenti dischi sembra andata a farsi benedire. Ok, è bello fare un disco tributo ai propri idoli, ma questo non deve voler dire snaturarsi così tanto, altrimenti va a farsi benedire l'anima stessa della band.
"Shepherd of Fire" è un ottimo brano, incisivo dall'inizio alla fine anche in sede live, il ritornello di "Hail to the King", pur scontato, è trascinante e "Coming Home" è una canzone pazzesca, vero punto forte del disco..ma il resto chi se lo ricorda? E' un disco davvero povero di idee e contenuti, trascinato verso il fondo dell'universo heavy classico nel quale i Sevenfold hanno deciso di infilarsi. E sarebbe cosa buona e giusta se fosse caratterizzato da un certo grado di originalità, da quella venatura metalcore degli inizi, un metalcore mai banale e assolutamente intelligente, che ha la sua summa nell'album omonimo del 2007. Mi mancano brani come "Unbound", mi manca la potenza devastante di "Critical Acclaim", l'imprevedibilità di quel gioiellino di "A Little Piece of Heaven". Mi mancano QUEI Sevenfold.

E "Hail to the King" è un album che non mi lascia dietro assolutamente nulla, fatta eccezione per quel paio di brani sopracitati. Spero vivamente che sia solo una tappa di un percorso che li riporterà verso sonorità più adeguate al loro talento, perchè se la decisione è di proseguire in questa strada, beh..sarà la volta buona che inizierò a polemizzare anch'io.

Quoth the Raven, Nevermore..
Recensione a cura di Andrea Gandy Perlini

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