Gruppi come i
Crystal Ball incarnano il versante più affidabile e solido del variopinto mondo del
rock n’ roll, quello composto di artisti che raramente riservano cocenti delusioni ai loro estimatori e che, però, allo stesso modo, difficilmente riescono a conquistarne di nuovi o a far cambiare idea ai detrattori.
Neanche una pausa di sei anni e un avvicendamento dietro il microfono (fuori Mark Sweeney e dentro Steven Mageney) hanno cambiato lo stato delle cose, e così “Dawnbreaker” si allinea alla ormai abbastanza copiosa produzione della formazione svizzera, confermando la fedeltà incrollabile all’
hard n’ heavy melodico e
power-oso di matrice mitteleuropea e, almeno per quanto riguarda il sottoscritto, la sensazione che gli elvetici non potranno mai andare oltre un ruolo di capaci comprimari.
Impeccabili sotto il profilo tecnico-stilistico i nostri sono troppo prevedibili nelle loro pur gradevoli composizioni per ambire a qualcosa di più, dimostrando che “efficienza” e “funzionalità” non sempre sono sufficienti a fare la differenza, soprattutto in ambiti convulsi e affollati come quello musicale.
Del resto, un album che inizia con l’ennesima trascrizione di “Così parlò Zarathustra” di Richard Strauss fornisce in partenza,
in qualche modo, la propria dichiarazione d’intenti, e anche se poi le dinamiche granitiche di “Break of dawn”, "Walls fall down” (piacevolmente Priest-
iana) e “Power pack” e le melodie moderatamente catalizzanti di “Anyone can be a hero”, “The brothers were wright” e “Sun came out” si lasciano ascoltare con una certa soddisfazione, complessivamente siamo piuttosto lontani da una prestazione vitale ed esaltante.
Una “garanzia”, insomma, in tutti i sensi, ma se accettate un consiglio spassionato, in giro c’è molto di meglio che merita il vostro denaro …
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