Killers - Murder One (remastered + bonus tracks)

Copertina 8

Info

Genere:Heavy Metal
Anno di uscita:2013
Durata:non disponibile
Etichetta:Metal Mind Records

Tracklist

  1. IMPALER
  2. THE BEAST ARISES
  3. CHILDREN OF THE REVOLUTION
  4. S & M
  5. TAKIN' NO PRISONERS
  6. MARSHALL LOKJAW
  7. PROTECTOR
  8. DREAM KEEPER
  9. AWAKENING
  10. REMEMBER TOMORROW
  11. IMPALER (LIVE REHEARSAL RECORDINGS)
  12. THE BEAST ARISES (LIVE REHEARSAL RECORDINGS)
  13. MARSHALL LOKJAW (LIVE REHEARSAL RECORDINGS)
  14. CHILDREN OF THE REVOLUTION (LIVE REHEARSAL RECORDINGS)
  15. DREAM KEEPER (ACOUSTIC VERSION)

Line up

  • Paul Di'Anno: vocals
  • Steve Hopgood: drums
  • Nick Burr: guitars
  • Cliff Evans: guitars
  • Gavin Cooper: bass

Voto medio utenti

Inutile girarci attorno: da quando Paul Di’Anno venne cacciato (o se ne andò, seguendo la sua ricostruzione) dagli Iron Maiden, ne ha imbroccate ben poche. Droghe, alcool e arresti non sono mancati di certo, così come i passi falsi squisitamente musicali.

Partendo dallo scialbo Di’Anno, progetto di hard rock melodico risalente al 1984 che vendette qualche copia giusto in Giappone, passando per i Battlezone, band senza troppe pretese che realizzò un paio di album passabili e nulla più, il singer di Chingford si vide posto ai margini della scena, salvato economicamente dalle royalties di pezzi come Running Free o Sanctuary (royalties che Paul, fornendo l’ennesima dimostrazione di scarsa lungimiranza, cedette poi agli stessi Iron per una somma tutt’altro che spropositata).

Le cose, purtroppo, non sono migliorate negli anni successivi: incarcerazioni (una anche recente), concerti davanti a pubblici man mano più esigui, una serie infinita quanto inutile di album, raccolte, ristampe e progetti dalla discutibile cifra artistica, ma soprattutto l’impossibilità di affrancarsi da un passato glorioso in seno alla più grande band heavy metal di tutti i tempi.
Passato da cui il cantante, nonostante le sdegnose dichiarazioni di facciata, non ha mai fatto nulla per staccarsi, continuando a proporre pezzi della Vergine in ogni salsa, tanto in sede live quanto a livello discografico… facendo, tra l’altro, gettare ai rovi una barca di soldi ai poveri collezionisti maideniani come il sottoscritto.

In oltre trent’anni di uggia, un unico raggio di sole è riuscito a squarciare la densa coltre di nebbia: un fugace spiraglio di luce che si chiama Murder One.

Dopo un decennio avaro di soddisfazioni artistiche, il 1992 pareva l’anno della rinascita per il singer britannico. Stando al racconto presente sull’autobiografia The Beast (che vera autobiografia non è, essendo stata vergata da un ghost writer), agli inizi degli anni ’90 il manager Arnie Goodman organizzò uno showcase a New York, cui Paul partecipò assieme alla band che si sarebbe poi chiamata Killers (nome chiaramente scelto nell’ottica di recidere i ponti col passato…).
Se avete letto il libro in questione saprete quanto romanzati e poco credibili siano alcuni passaggi, ma pare che tutte le maggiori compagnie discografiche fossero lì ad ascoltare; sembra inoltre che, nonostante un’esibizione live priva di brani inediti (solo cover dei Maiden, tanto per cambiare), le predette compagnie si siano scannate per accaparrarsi i servigi del gruppo.

La spuntò la BMG, che sul piatto mise un contratto da 200.000 dollari (altri tempi, non vi pare?) davvero difficile da rifiutare.
I neonati Killers si guardarono bene dal farlo, e anzi si chiusero in studio col produttore Rob Fraboni per registrare il loro debut.

Come scritto, il titolo scelto fu Murder One. Le sirene grunge, che ai tempi ammaliavano il mercato discografico, impedirono all’album di raggiungere riscontri commerciali di rilievo; ciò non toglie che si stia parlando di un'opera di heavy metal classico coi fiocchi.

Basta l’apripista Impaler a chiarirlo: questo brano veloce, grintoso e trascinante, fra l’altro, ha resistito a lungo nelle scalette live del buon Paul (il quale, sfoggiando invidiabile raffinatezza, soleva dedicarlo al suo organo riproduttivo).
Seguono poi tre mid tempo spezzacollo: The Beast Arises, dotata di un ottimo chorus, Children of the Revolution, rocciosa cover dei grandi T-Rex, e la pruriginosa S&M, splendido brano in cui Di’Anno c’intrattiene sui piaceri delle pratiche sessuali meno convenzionali, urlando “pain!” al termine del pezzo come un piccolo Rob Halford.

Già, e la voce di Paul? Non preoccupatevi: su Murder One siamo ai massimi livelli in termini di resa sonora e prestazione, senz’altro fra le migliori dell’intera carriera.
La band, dal canto suo, lo accompagna alla grande, fornendo una prova puntuale, precisa, perfettamente bilanciata fra classe esecutiva e aggressione. Un plauso va anche alla produzione, nitida e potente al tempo stesso.

Ne traggono evidente beneficio brani come la semi-ballad Dream Keeper (bell’assolo, tra l’altro) e soprattutto la frenetica Marshall Lockjaw, semplicemente irresistibile, piccolo classico heavy metal e miglior episodio del platter.
Un po’ meno riuscite Takin’ No Prisoner (pezzo scontato sin dal titolo) e Protector, tentativo poco riuscito di maidenizzare il sound (l’attacco ricorda sinistramente The Ides of March, per di più).

Parli del Diavolo… Si poteva concludere un disco di Di’Anno senza un ammiccamento ai fan della Vergine? Certo che no! Dunque, ecco qui una rivisitazione dell’immortale Remember Tomorrow. Ok, il testo è di Paul, per lui il pezzo ha un significato molto profondo (è dedicata al nonno), bla bla bla.
Resta il fatto che nemmeno stavolta il nostro riesce a camminare con le proprie gambe, e trovo sia un vero peccato. Ciò detto la nuova versione, pur smarrendo il feeling brumoso e mistico dell’originale, è comunque fantastica.
Completano la retrospettiva della Metal Mind Records alcune versioni live rehearsal, senz’altro interessanti per i completisti più incalliti.

In generale, l’avrete capito, ci troviamo di fronte a un prodotto di assoluto spessore, che forse non assurgerà al rango di capolavoro ma che non può mancare nella collezione degli amanti del bel metal che fu e di Paul, qui davvero in splendida forma.

Purtroppo, il bel tempo si rivelò uno sprazzo effimero: ci pensò lo stesso Di’Anno a rovinare tutto di lì a poco. Ma di questo parleremo nella recensione di Menace to Society
Recensione a cura di Marco Cafo Caforio

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