Tagliamo subito la testa al toro e andiamo al dunque…se Steve Tucker non avesse prestato la sua “ugola” e il suo saccente basso ai
Morbid Angel per ben tre albums (
“Formulas Fatal To The Flesh” ,
“Gateways To Annihilation” e
“Heretic” ) avrebbe avuto la possibilità di registrare quest’album e dare vita ad una nuova (ennesima) death metal band? Probabilmente si, perché
“Orchestrating The Apocalypse” è un album che sa il fatto suo, ha diverse qualità e potrebbe nascondere i germi di un’ottima band futura, ma al tempo stesso non si discosta poi tanto da ciò che ci attenderemmo da una death metal band made in USA. Ciò detto non si può comunque dimenticare come l’album viva anche di grossi momenti di stanca, specie nella parte centrale dell’album con pezzi a bassissima ispirazione come
“The Shifting Poles” o
“Ageless Merciless” e con tre inutili e fastidiosissimi intermezzi strumentali
“Taunting The Deity” ,
“Summoning The Warfathers” e
“The Chaos Of” che riportano immediatamente ai peggiori
Morbid Angel . Come detto conoscevamo Steve come cantante e bassista qui invece oltre che dietro al microfono lo ascoltiamo cimentarsi alle sei corde e, non so se per pura coincidenza, o per calcolo voluto, le parti chitarristiche, e in particolare i solos, fanno la parte del leone in quest’album ( ascoltatevi
“Gods And Machines” per capirci ). Sembrerebbe quasi un disastro e invece, come detto in apertura, ci sono molti altri aspetti da sottolineare come alcuni brani di sicuro impatto tra cui l’articolata e varia
“My Queen Shall Not Be Mourned”,
“Ashes And Runes” e
“We Are The Wolves” . L’attacco della già citata
“Gods And Machines” invece mi ha fatto pensare subito a
“Caesar's Palace” dei Morbid Angel (of course) di
[B][B] “Domination”[/B][/B], un altro modo per sottolineare come sia veramente difficile per Steve riuscire a lasciarsi alle spalle il momento cruciale della propria carriera musicale, per iniziarne una sua personale…La capacità di saper essere interessanti con l’inserimento di una buona effettistica e allo stesso tempo essere fedelmente tradizionali è sicuramente un’ottima premessa per il futuro. Chiusura dedicata la growl di Steve, molto simile a quello dei tempi d’oro con una piccola inclinazione (l’opener
“XII”) tendente al primo Glen Benton. C’è da lavorare e da cercarsi un sentiero un po’ più personale, ma le premesse sono interessanti
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