Ci sono delle band che approfittando delle nuove possibilità tecnologiche sommergono gli ascoltatori di uscite dalla qualità latente che assomigliano per lo più a mere operazioni commerciali messe su giusto per mantenere alta l’attenzione e ci sono poi gruppi come i qui presenti Soreption che centellinano le loro uscite producendo solo tre lavori in nove anni di vita. Sono passati così quattro anni dall’esordio
“Deterioration Of Minds” che ci aveva presentato una band ancora molto acerba e alle prese con un sound che non ammette molte distrazioni, visto che il tecnical death metal proposto dal quartetto era articolato e cervellotico, ma certamente molto debitore verso i loro numi tutelari, gli “storici”
Necrophagist che nel giro di due soli album ( l’esordio
“Onset Of Putrefaction” è da più parti considerato il Disco techno death di riferimento del terzo millennio e non solo) sono riusciti a crearsi una fedele schiera di ammiratori e fini copiatori… E’ sempre brutto parlare di una band come di una “copia” o forse ancor peggio di una cover band, ma è certamente vero che se non sapeste di trovarvi di fronte al nuovo Soreption potreste facilmente pensare di ascoltare dei nuovi brani della band tedesca ancora in fase di evoluzione ed arrangiamento… Nonostante l’evidente evoluzione e miglioramento del gruppo rispetto al disco d’esordio infatti
“Engineering The Void” non riesce ad andare oltre una meritata sufficienza, strappata per lo più per la coerenza, la perizia tecnica e la voglia di non lasciarsi andare a nessuna concessione. Detto questo però resta evidente il limite a livello di personalità della band e seppur il gruppo cerca di infarcire praticamente tutti i pezzi di assoli iper-tecnici che possano marchiare le composizioni, alla fine di questi 35 minuti non resta davvero molto , certo un pezzo come
“Monumental Burden” o la title track potranno appagare la vostra voglia di estremismo e tecnica allo stesso tempo, ma non credo che chi mastica quotidianamente queste sonorità potrà poi impressionarsi più di tanto per le restanti songs che come nel caso di
“Reveal The Unseen” o
“A Speech To Survival” non sono altro che dei compitini ben eseguiti. Il fatto di aver mantenuto intatta la line up rispetto al debut album è un punto a favore della band che ha certamente guadagnato in compattezza e coerenza sonoro e stilistica. Interessante la voglia del singer Fredrick di non impigrirsi solo con delle vocals gutturali, ma di alternare ai soliti grugniti qualcosa di più personale e vario, ma ho l’impressione che si potrebbe fare qualcosa di meglio.
“Engineering The Void” si segnala dunque per la sua onestà, competenza e passione, se ciò può bastarvi accomodatevi tranquillamente, ci sarà di che sfamarsi.
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