I londinesi
Savage Messiah tornano sulla scena due anni dopo il buon penultimo album
Plague of Conscience (2012) con questo
The Fateful Dark, registrato ai Grindstone Studios (Suffolk) e prodotto da Scott Atkins. I nostri prodi metallari britannici seguitano nel loro percorso di sviluppo musicale con un misto di heavy e thrash metal, ma che stavolta denota un approccio più power dei precedenti lavori. Partiamo dal "pregevole" artwork che, come quello di
Plague of Conscience, se non si conosce il genere del gruppo si potrebbe pensare quasi ad una band verso il brutal. Il disegnatore è
Peter Sallai, noto in ambiente metal per aver collaborato con Slayer, Kreator, Sabaton, Tyr, Sacred Steel e molti altri. Per quanto riguarda ai componenti del gruppo si può notare una maturazione nel cantato di Dave Silver, che a dir la verità era già migliorato ai tempi del passato album, certamente migliorato dai tempi di Insurrection Rising. I riff e gli assoli di Bailey e Silver sono sempre di buon livello, hanno un bel impatto, così come gli assoli. La sezione ritmica non è affatto da disdegnare e fa il suo sporco lavoro, anche perché, per ciò che è relativo al sound della produzione, siamo ad un livello abbastanza alto.
The Fateful Dark è composto da 10 tracce (nella versione limitata ci sono tre pezzi aggiuntivi, cover di
Be Quick or Be Dead, Lightning to the Nations e
Killers) e si parte con
Iconocaust che, dopo una breve intro a base di melodie di chitarra, sfocia in un pezzo thrash dal ritmo sostenuto in cui Silver mostra le sue evolute doti canore. Evitando di bestemmiare ci troviamo con uno stile che si può avvicinare ai Testament. La successiva
Minority of One mostra chiaramente da dove traggono ispirazione i ragazzi britannici, qui l'influenza viene direttamente dai Megadeth. Silver tenta sempre di modellare la propria voce, ben adattandola allo stile dei brani, cosa che gli riusciva un po' più difficile negli album precedenti. L'ascolto continua con
Cross of Babylon, dove i musicisti non sembrano assolutamente voler mollare l'osso, ma qui il cantante sembra sforzare lievemente (chi ascolterà l'album forse si ricorderà di Kai Hansen nel chorus), tuttavia senza eccedere. Gli assoli sono molto ben pensati ed eseguiti.
Hellblazer, la canzone da cui è tratto il primo video, strizza un po' più l'occhio al power in confronto ai pezzi antecedenti. Probabilmente qui si nota l'evoluzione della band, in positivo o in negativo dipende sicuramente dai gusti dell'ascoltatore. Si arriva dunque a
Live as One Already Dead, la ballad di stile classico, con delle accurate melodie di chitarra a sostenere la buona prova di Silver. Quello che colpisce, fino a questo punto, è che le strutture delle canzoni sono elaborate sino ai minimi dettagli per non perdere l'ascoltatore lungo il tragitto. Il prossimo pezzo è la title-track
The Fateful Dark dove i nostri ricominciano a picchiare duro, ma in maniera diversa. Questa è una canzone dal tono più epico e nel complesso meno sostenuto delle precedenti. I Savage Messiah vogliono quindi dimostrare la strada della mistura di generi oramai intrapresa. La conferma avviene nella successiva
Zero Hour con dei riff pesanti e un bel pre-chorus, simbolo di quella miscela metal sperimentata per tutto il disco.
Hammered Down è veramente una martellata thrash, ovviamente in senso positivo. I musicisti dimostrano di saper premere l'acceleratore quando è il caso, ma non è la caratteristica che faceva dubitare dei passati dischi della band. L'album prosegue con
Scavengers Of Mercy, che si assesta sul livello del pezzo precedente. La fine è segnata da
The Cursed Earth, pezzo che chiude in bellezza
The Fateful Dark regalando cori e riff all'ascoltatore, con un bel intermezzo dettato dalle chitarre di Silver e Bailey, in attesa di un nuovo capitolo targato Savage Messiah. Questa quarta fatica del quartetto inglese si dimostra sopra le aspettative, sicuramente migliore rispetto a Plague of Conscience e trampolino di lancio per un futuro capolavoro.
Video di Hellblazer (2014)