"Raise your hands, hail for everyone!"
Ho visto per la prima volta live i
Freedom Call senza praticamente conoscerli, se non di nome, il 16 Febbraio 2010 a Milano, nel tour di spalla ai Gamma Ray. Performance sottotono, nessun particolare sussulto..ma perchè sono così famosi allora? Mi bastò recuperare la tripletta d'inizio carriera per rendermene conto, tre album splendidi e veri e propri inni all'happy/power metal, che mi fecero rivalutare in un attimo una band che, in tutta onestà, non mi aveva colpito.
Poi arriva l'occasione di intervistare
Chris Bay e
Lars Rettkowitz, nel tour di spalla ai Rhapsody del 2012: personaggi genuini, persone magnifiche e dalle quali traspare il piacere di fare musica e di cazzeggiare in allegria. Il concerto successivo, grazie soprattutto ai successi dei primi album, conferma questa sensazione. A questo punto mi sorge un legittimo dubbio: gli ultimi quattro album del gruppo non sono minimamente all'altezza..dove sono finiti quindi i Freedom Call? Hanno ancora la possibilità di uscire dal torpore della seconda tripletta discografica?
Una premessa doverosa, per permettervi di capire quanto importante sia per il sottoscritto "
Beyond", ottavo album della band teutonica.
E "Beyond" risponde a pieni polmoni alle due domande sopracitate con "Qui!" e "Si, cazzo!", rivelandosi come uno degli album migliori (il migliore?) della discografia dei Freedom Call, grazie ad una freschezza e ad una genuinità che sembravano ormai perse nell'infimo del tempo.
Sarà il ritorno al basso dell'ottimo
Ilker Ersin, sarà il cambio dietro alle pelli con
Ramy Ali che prende il posto di Klaus Sperling, sarà che la bravissima
Anne Maertens si prende uno spazio importante al violino, donando un pizzico di atmosfera folk a diversi brani (uno su tutti la danzereccia "
Dance Off the Devil"), sarà che Chris Bay si è reso conto che tutto stava andando allo scatafascio..fatto sta che i bavaresi sono riusciti a tirare fuori dal cilindro un trucco che non gli riusciva da anni. E non solo a loro, quanto a tutti i gruppi che si cimentano in questo tipo di power metal, Helloween e Edguy su tutti.
"Beyond" è un inno all'happy metal più puro e ogni pezzo all'interno del disco è un singolo potenziale, ogni traccia è un manifesto della voglia dei Freedom Call di ritornare la dove si erano fermati con "Eternity", ogni nota spinge ad alzarsi e ballare, scapocciare, urlare a squarciagola. E' felicità, gioia, spensieratezza ma anche riflessione e epicità e, se un album riesce a creare queste sensazioni per 60 minuti filati, vuol dire che è pienamente riuscito nel suo intento, trasmettere un'emozione.
All killer, no filler. Potrei davvero citarvi ogni brano come un brano potenzialmente perfetto, ma mi limiterò a consigliarvi l'ascolto di due tracce che, a mio parere, ben descrivono entrambe le anime di questo meraviglioso disco. La prima è la title-track, "
Beyond", che nel suo essere happy racchiude un'anima vagamente più oscura, riflessiva, epica e magniloquente, figlia di un power metal che vuole essere più maturo, ma non per questo borioso o banale. La seconda è senza dubbio "
Come On Home", un CAPOLAVORO da cima a fondo, un brano che potrebbe tranquillamente candidarsi ad essere epitome dell'intero manifesto happy metal mondiale, vero compendio di tutto ciò che un genere così cazzone e scanzonato può offrire. Se non vi scappa un sorriso ascoltando un brano del genere, avete perso la capacità di sognare.
E a proposito di sognare, un album come "
Beyond" lo sognavo ormai da anni: ci avevo rinunciato con gli Helloween, me lo aspettavo dagli Edguy, me l'hanno regalato i
Freedom Call. Grazie Chris, grazie Lars, grazie Ilker, grazie Ramy. Grazie per avermi donato una perla di rara bellezza, 60 minuti di gioia che posso prolungare per giorni interi. E ora piantatela di fare i lamentoni del cazzo, di dire che il power di una volta non esiste più e correte a comprare questo disco meraviglioso.
Quoth the Raven, Nevermore..