Copertina 5,5

Info

Genere:Power Metal
Anno di uscita:2006
Durata:51 min.
Etichetta:Napalm
Distribuzione:Audioglobe

Tracklist

  1. WINGS OF RAGE
  2. IRONHEAD
  3. METAL MESSIAH
  4. WHIRLWIND OF DOOM
  5. SAVAGE PROPHECY
  6. FATE OF FIRE
  7. STAND AS KING
  8. BROTHERHOOD OF THE BRAVE
  9. ALONE IN THE DARK
  10. MINDMACHINE
  11. ICECOLD ARION
  12. BREAK THE SPELL

Line up

  • Martin Steene: vocals
  • Mads Korre Andersen: guitars
  • Martin Lund: bass
  • Jens B: drums

Voto medio utenti

Al terzo disco gli Iron Fire non riescono ancora a mettere in mostra qualità che li possano far emergere da un paludoso anonimato. Fin troppo derivativi, persino per uno tollerante come il sottoscritto, e mai in grado di colpire le corde vibranti dell’animo di un Defender of the Faith.
Dai tempi dell'esordio "Thunderstom", uscito nel 2000, è sopravvissuto il solo cantante Martin Steene (poi anche frontman dei Force Of Evil), il quale nemmeno in questa occasione lascia l'impressione di poter fare la differenza.
Non aiuta il gruppo danese la scelta di piazzare il brano meglio riuscito nel finale, quando una battagliera "Break the Spell" mostra sia i denti, sia una discreta incisività da parte della chitarra di Andersen. Si lasciano poi “solo” ascoltare la veloce e cavalcante "Ironhead", un pezzo lanciato sulla scia dei Running Wild, e la power/epic ballad "Savage Prophecy", che riesce ad essere evocativa nelle parti strumentali e corali, ma non in quelle di competenza a Steene, sopratutto quando cerca di "fare" il Tobias Sammet. Un tentativo questo che fallisce anche in altri pezzi, come ad esempio sull'acustica "Icecold Arion" e su "Stand as King", una canzone davvero banale e dove per l'indirizzo musicale è comunque rivolta più al versante degli Hammerfall che a quello degli Edguy. Con "Whirlwind of Doom" gli Iron Fire mischiano Manowar, Angra e Skyclad, aggiungendoci pure un tocco di velato modernismo (che appare più evidente sulla tediosa "Mindmachine"), il tutto tuttavia senza risultati apprezzabili.
Mah... tanto fumo e ben poco arrosto.
Recensione a cura di Sergio 'Ermo' Rapetti

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