Quando si ha fra le mani un disco dei
Throwdown si sa sempre quello che ci si troverà: aggressività, potenza e furia martellante senza sosta. Il gruppo capitanato dai
Dave Peters, ex chitarrista degli
Eighteen Visions convertito al microfono per i
Throwdown, inizia la sua attività nel 1997 ad Orange County, California. Al tempo
Peters non faceva parte della band, in quanto entrò in formazione nel 1999 dopo l'uscita di
Brandan Schieppati (
Bleeding Through). Da allora i
Throwdown hanno sfornato sette album da studio e cinque EP, diventando una delle band più acclamate del panorama hardcore/metalcore mondiale.
Le influenze musicali degli schiacciasassi californiani si intuiscono non appena il disco inizia a martoriare le orecchie, un forte influsso
Panteriano (scusate il neologismo) aleggia sulla release dei
Throwdown, condito da quel groove metal tanto in voga nel nostro tempo. La ruvidezza e la potenza del cantato di
Phil Anselmo e la distorsione massiccia dell'amato e compianto
Dimebag si fondono con quel thrash moderno di matrice statunitense rappresentato da band come i
Lamb of God. Questo a mio avviso è ciò che i
Throwdown tendono a portare con il loro metal, quel core che si era tentato di ipotizzare fino al punto di coniare il termine
Pantera-core.
Personalmente devo ammettere che le ultime uscite dei
Throwdown mi erano sembrate un po' sottotono e, a mio avviso, si intrasentiva quel desiderio di spostarsi verso altri lidi metallici. Con
Intolerance la macchina da guerra di
Dave Peters reinizia a funzionare a pieno ritmo, offrendo pezzi brevi e concisi, sempre ruvidi e dall'alto e brutale impatto sonoro, accompagnati da riff possenti e ritornelli taglienti; tutte queste caratteristiche sono probabilmente quelle che hanno portato notorietà ai
Throwdown negli oramai diciassette anni di carriera.
Tutto ciò che è stato elencato nella premessa si può riscontrare già dall'inizio di
Intolerance, con
Fight or Die. L'opener parte sparata con la voce rabbiosa di
Peters che scandisce le parole fight or die, canzone sicuramente pronta per essere adoperata nei circuiti di combattimento MMA. Con
Borrowed Time la violenza dell'uragano
Throwdown continua a mietere note di brutalità e investe l'ascoltatore in pieno.
Avow è ancor più breve e secca, nessuna introduzione, nessuna pausa, non c'è scampo. La seguente
Hardened by Consequence è molto più orientata verso il metalcore rispetto alle precedenti, anche la voce di
Peters varia leggermente.
Defender with Violence è un altro pezzo forte dell'album, la potenza che esce dagli amplificatori dei
Throwdown è accostabile al classico stile degli
Hatebreed, veramente devastante. La seguente
Suffer, Conquer inizia con un riff possente e si assesta su un thrash moderno, con un ritornello che sempre incide l'udito dell'ascoltatore.
Cut Away risente dell'influsso
straight edge e del tema del
self empowerment altamente
hatebreediano o comunque proveniente dal metalcore statunitense. Da notare che la cosiddetta workout music, adoperata negli allenamenti in palestra o negli di combattimento, vede da anni i
Throwdown presenti nelle playlist più gettonate, assieme ai già citati
Hatebreed, ai
Pro Pain e via dicendo. Con la title-track
Intolerance i ritmi si fanno più scanditi, la sezione ritmica martella pesantemente e la voce di
Peters si dirige sempre più verso il growl.
Without Weakness continua l'opera massacratrice, mentre
Born and Buried Alone deve molto ai
Pantera in termini di stile. Il pezzo finale,
Condemned to Live, è anch'esso di ispirazione panteriana soprattutto nel motivo che porta alla conclusione dell'intero disco.
Con
Intolerance la band californiana torna finalmente ai livelli che le competono, di certo il tutto non spicca per originalità e sperimentazione. Per ciò che riguarda al consiglio per l'ascoltatore c'è sicuramente da dire che l'album è adatto non solo ai frequentatori dell'ambiente hard-metalcore, ma anche ai nostalgici dei
Pantera, tenendo ben presente che Dimebag&Co. restano nell'olimpo irraggiungibile della Storia del Metal.