Sono passati ben quattro anni dall'uscita di
Order of the Black e i fans dei
Black Label Society hanno atteso con pazienza e trepidanza questo nuovo lavoro della band guidata da
Zakk Wylde. Anche questa volta si può dire sin dall'inizio che l'attesa non è stata vana e il risultato è indubbiamente di pregevole fattura. Questo
Catacombs of the Black Vatican rappresenta un altro passo nell'evoluzione del gruppo statunitense, che rispetta nella propria crescita i parametri fissati nelle precedenti uscite. Riff pesanti, muri di distorsione eretti dalle chitarre di Wylde e del nuovo entrato
Dario Lorina, pinch armonics a catena (marchio di fabbrica dello stile wyldiano), un forte influsso blues e southern rock, intermezzi con ballad adornate dal piano suonato dal roccioso frontman e non per ultima la straordinaria voce di Zakk, talvolta profonda ed espressiva, talora aggressiva e distorta; sono queste le caratteristiche primarie di questa nuova fatica marchiata
Black Label Society.
Il genere che la band americana sta progressivamente creando si avvicina sempre più ad un southern groove heavy metal, aderendo in maniera maggiore alla tradizione USA e, a mio parere, distanziandosi gradualmente dall'ombra di Ozzy, che aleggiava pesante nelle scorse uscite discografiche.
Zakk Wylde risulta esser senza eccezione la figura dominante, imponendosi sia con la voce che con i suoi funambolici e impressionanti assoli, oltre che per il ruolo di songwriter sperimentale. Il marchio di fabbrica è dunque invariato, ma la sostanza muta leggermente.
Catacombs of the Black Vatican contiene undici tracce che spaziano dal classico stile
Black Label, a pezzi più lenti e rilassati (alternanza che il gruppo aveva già sperimentato, sin dai tempi dell'inarrivabile
Mafia), fino a nuove composizioni, sia per stile che per influenza. L'opener
Fields Of Unforgiveness è da catalogarsi nel primo dei suddetti punti, la standard wyldiano: riff distorto che richiama il blues ancestrale, voce profonda, pinch armonics, il basso che si sente e martella in accompagnamento e l'inimitabile solo del frontman. Con
My Dying Time i parametri restano sullo stile
Black Label, ma, come tutti avranno sentito essendo questo il singolo dell'album, un fortissimo influsso groove di band come gli
Alice in Chains, anche la voce di Zakk sembra trasformarsi in quella del compianto
Layne Staley, regalando emozioni uniche. Una canzone molto interessante, scelta ovviamente a tavolino per presentare il disco ai fans.
Zakk Wylde dimostra così di esser sempre alla ricerca di un sound unico, generato sfruttando tutta l'esperienza guadagnata non solo con Ozzy, anche con progetti come i
Pride & Glory, le partecipazioni ai dischi di
Sherinian, oppure da idee soliste come furono quelle folk/southern sperimentate in
Book of Shadows.
Con la seguente
Believe si resta in territorio
Black Label southern rock blues con una forte influenza sabbathiana, uno dei pezzi top dell'intero album.
Angel of Mercy, prima ballad di
Catacombs of the Black Vatican, punta tutto sull'espressività del vocalist e sul veemente e tecnicissimo assolo che si può ascoltare pressoché verso la fine del brano. Da sottolineare il melodico chorus che spinge l'ascoltatore a seguire con la voce Zakk e soci, un altro dei punti forti della canzone.
Heart of Darkness contiene i classici riff marchiati Wylde, stavolta il sound si avvicina di molto al doom/stoner, con la voce tagliente e rabbiosa che scorta sino allo scatenato solo del guitar-hero.
Beyond the Dawn vale l'ascolto soltanto per il riff e il gran chorus, un peccato la breve durata del pezzo. Scars è un nuovo bellissimo episodio acustico, il tono malinconico e fortemente emotivo di Zakk esalta ancor di più la brillantezza del pezzo.
Damn the Flood riporta ai tempi dei primi
Black Label, ma anche dei
Pride & Glory, un rock di stampo southern, infiammato e sregolato, costellato da armonici di chitarra e autografato dal psichedelico solo di Wylde.
I've Gone Away è un pezzo indubbiamente heavy, dove il vocalist contribuisce ancora una volta con quel tono melanconico che eleva la prestazione di tutta la band.
Empty Promises ricalca ancora i sentieri del doom scandito dalla batteria di
Chad Szeliga e dal tipico riff estratto dalla fabbrica wyldiana, il chorus accattivante concorre a rendere la canzone ancor più attraente.
Shades of Grey chiude l'album e riporta l'ascoltatore a quel blues dal tono tormentato, oscuro, ma sognante, con la voce di Zakk che scandisce malinconicamente le parole
Where can you run when there’s nowhere to hide - On the outside you’re living yet dying inside.
Caratteristica che è bene riportare alla fine: il disco è impregnato di un alone scuro, cupo, buio, come possono essere le catacombe, peculiarità che i
Black Label Society volevano decisamente imprimere allo stile di questo lavoro e che è espressa pure nel titolo. In conclusione si può affermare che un'altra perla è stata aggiunta alla discografia già eccellente della band statunitense. Ai fans sfegatati è giusto dire che non si tratta di un nuovo
Mafia, che lo stile è lontano da
The Blessed Hellride, che forse ci si può lontanamente avvicinare a
Shot to Hell per struttura (anche se le ballad sono in minor numero), sicuramente si è in prossimità di
Order of the Black (forse perché è stato prodotto anche questo nello studio personale di Zakk, il
The Black Vatican), ma ci si trova sicuramente di fronte ad un nuovo passo nel progresso musicale dei
Black Label e di Wylde stesso. Un disco che resterà senza dubbi a lungo nella playlist del sottoscritto, almeno fino alla prossima release del vichingo motociclista americano...
Video di My Dying Time