La “savana” del
rock melodico è da sempre popolata da polimorfici esemplari di felini, evidentemente perfetti per incarnare in maniera efficace l’immaginario maestoso, graffiante ed elegante di un suono che, lasciatemelo dire, nonostante i tentativi dei tanti detrattori, non morirà mai.
Ebbene, ai cari estimatori (moltissimi pure loro, per fortuna, e assai competenti e devoti …) di queste immarcescibili modalità espressive, dico che da oggi il branco dei suddetti
mammiferi musicali si arricchisce di questi nuovi
Tre Leoni britannici scolpiti nella roccia (
cfr. la
cover del
Cd), piuttosto agguerriti e preparati per la conquista della supremazia di settore.
Oddio, due di loro tanto “nuovi” non sono, dacché frequentano ormai già da qualche tempo questi
habitat sonori, e anche il terzo, benché in realtà “sconosciuto”, a quanto di rileva dalle foto promozionali della
band, non sembra esattamente un “cucciolo” della specie.
Insomma, grazie all’esperienza, la classe e il talento di Vinny Burns (Dare, Ten, Asia) e Greg Morgan (Dare, Ten), all’ugola pastosa di un provetto
carneade come Nigel Bailey (una vera sorpresa … che piacerà ai cultori di Gramm, Vaughn, Wetton e … Gary Hughes!) e alle cure produttive e al contributo compositivo di un nobile
predatore italiano come Alessandro Del Vecchio, il debutto eponimo dei
Three Lions appare una sontuosa esibizione di passione e intensità, capace di procurare imponenti brividi d’emozione per buona parte del ricco programma.
Alcune (pur gradevoli) situazioni vagamente interlocutorie non intaccano minimamente il notevole valore di un albo che, con il singolo “Trouble in a red dress” piazza subito un gioiellino di vibrante tensione espressiva, replicata istantaneamente dalla frizzante "Hold me down” (belli i bagliori Thin Lizzy-
iani …) e da una scintillante “Twisted soul” in grado di ammaliare e artigliare i sensi con grande prontezza.
“Winter sun” inaugura il capitolo “ballate” attraverso un suggestivo clima soffuso ed evocativo, “Made for one another” aggiunge ulteriore “rigore” interpretativo alla materia, mentre la notturna "Two hearts beat as one” e la vivace “Don’t let me fall” si affidano ad atmosfere di stampo Foreigner / Bad English per sollecitare il lato più sentimentale dell’astante.
Ascoltatore che finirà inevitabilmente, poi, per essere avvolto dalla purezza
hard n’ soul ad alta gradazione di “Just a man”, avvinto dalla grinta “adulta” di “Holy water” e stregato dal tocco cangiante ed esotico di “Kathmandu”.
C’è ancora tempo, infine, per il fiotto di energia sofisticata che impregna “Magdalene”, rendendola un altro momento vincente del disco, per il ruggito non eccessivamente “impressionante” di "Hellfire highway” e per la chiosa strumentale d’ispirazione Moore-
esque denominata“Sicilian kiss”, non molesta eppure nell'insieme abbastanza trascurabile.
“Three lions” merita, dunque, di trovare una collocazione di prestigio nelle vostre adorate discoteche, sempre che gente come Ten, Dare, Magnum e Heartland già occupi un posto preminente all’interno delle suddette e dei vostri cuori di sensibili
rockofili …
hear the roar!