Un super gruppo doom? Possibile? Auspicabile? Vero? No semplice realtà, ed è una realtà che è in giro da qualche annetto, dal 2011 per l’esattezza, da quando membri di
Electric Wizard,
Ramesses e soprattutto dei defunti
Uneartly Trance decidono di dare vita ad una nuova creatura che, ovviamente, avrebbe dovuto raccogliere tutte le loro influenze e frustrazioni, intuizioni e manie … Così è stato e così di li a poco ci è giunto il loro omonimo album di debutto che si è dimostrato all’altezza delle attese grazie ad un sound molto corposo, prevedibile e discretamente coinvolgente … La prova del fuoco arriva con il qui presente follow up … beh se la band voleva vincere facile ci è riuscita perché per ammantarsi ancor più di leggenda, ha deciso di chiamare Stephen Flam, il mainmaster dietro i doom-deathers newyorkesi
Winter , alla seconda chitarra … Il cambiamento è risultato senz’altro vincente e azzeccato infatti
“Emanations” è “poco più” che un festival della pesantezza e del pachidermico, dove leggerezza e leggiadria sono termini aboliti nella musica del quintetto, solo continua e sofferta pesantezza …
“Emanations” non è certo un album semplice o che si limita a ricalcare quanto fatto, cerca invece di liberarsi dalla storia dei propri creatori per andare verso qualcosa di lentamente digeribile, più death rallentato che doom vero e proprio … Prendete
“House Of Worship” e vi sembrerà di ascoltare echi lontani di un death metal lento e catarroso, soporifero e distruttivo, quello degli
Obituary , insomma , ma l’influenza sarà chiara e discreta allo stesso tempo, come a dire “conosciamo e rispettiamo i classici” ma anche noi sappiamo fare qualcosa … Grazie anche alla voce di Ryan Lipynsky, più rabbiosa che mai, si ha spesso l’impressione che le corde vocali siano veramente allo spasmo e che un prossimo sanguinamento possa travolgerci da un momento all’altro (
“Systematic Extinction” ) …
“Treacherous Waters” e
“Claws” rappresentano “l’ostacolo” di metà album, se riuscirete ad uscire indenni dalla disperata lentezza di questi due pezzi, il finale dell’album vi sembrerà una passeggiata …
“Tormented” , pezzo posto in chiusura d’album, è li per riassumerci in 8 abbondanti minuti la ricetta della band fatta di riff lenti e pesanti, che fanno avanzare lentamente la musica del gruppo distruggendo e spazzando via tutto ciò che si pone davanti al proprio passaggio. Se in passato la band concedeva qualcosa alla psichedelia, in questo album tutto è dannatamente sottocontrollo, concepito, pensato e indirizzato verso la pesantezza e l’angoscia, ed è per questo che lo possiamo considerare un album “classico” , che piacerà ai più oltranzisti tra voi, a quelli cui il death piace “mortale” e il doom asfittico ...
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