Guardando la copertina di
Perpetual Motion of Deceit ho creduto per un attimo di essermi imbattuto in una band omonima degli
Any Face che conoscevo, magari prog-power, che non avesse nulla a che fare con la botta di brutalità che mi ero gustato quattro anni fa... Invece non c'è nulla da temere, sono sempre loro, hanno solo abbandonato l'immagine cattivona fatta di teste mozzate, piovre e sangue a favore di un disegno più sobrio ma, scopriremo, non è l'unica innovazione.
Un avvicendamento importante va segnalato in line up,
Luca Pitzianti va a sostituire
Yuri Bianchi dietro al microfono e il suono degli
Any Face fa un bel cambiamento. Non che sia solo questo l'elemento che differenzia
Perpetual Motion of Deceit dal precedente
The Cult of Sikness, però è innegabile come la voce thrash/hardcore del nuovo entrato renda il platter più “appetibile” relegando i momenti growl in un angolo (eseguiti da
Davide Stura), da far esplodere solo all'occorrenza. Finché parliamo di voce, tanto vale segnalare gli inserti in clean che fanno capolino nelle canzoni (
Trapped in Yourself ad esempio) sempre ben dosati e non smaccatamente core.
Le canzoni hanno una tendenza progressiva molto maggiore rispetto al passato, ci sono una miriade di riff, controtempi e fraseggi in cui la perizia tecnica di questi ragazzi emerge prepotente ma l'ascolto rimane assolutamente piacevole e non stancante, anche per l'assenza di parti troppo violente. Anche in brani molto tecnici come ad esempio
Fading in Confusion ci sono trame melodiche affascinanti, per non parlare della strumentale title track (in cui vengono utilizzate anche chitarre acustiche) o della finale
Desensitized. Sono presenti inoltre alcuni passaggi jazz e inserti più atmosferici che vanno ad arricchire la proposta ed affiancare linee di basso davvero chirurgiche e assoli di chitarra realmente notevoli per estro e fantasia. Certo, non tutto è perfetto, alcune canzoni hanno connotati molto moderni che a volte stridono col passato, altre volte gli
Any Face vogliono osare ancora di più, non raccogliendo però risultati del tutto positivi, come in occasione di
Enduring Captivity (che ospita alla voce
Sara Usai).
In generale questo terzo lavoro sulla lunga distanza della band di Varese, prodotto ottimamente nei sempre competenti
Nadir Studios, non fa altro che confermare il loro eccellente stato di salute e la naturale tendenza all'esplorazione, all'evoluzione del proprio suono, un percorso lontano dall'essere terminato, partito dal death metal tecnico e proiettato nel futuro.