Copertina 7

Info

Anno di uscita:2004
Durata:28 min.
Etichetta:Peaceville
Distribuzione:Audioglobe

Tracklist

  1. UPON THE DARK THRONE
  2. CONDOR
  3. BLACK METAL JAW
  4. HELL'S FIRE
  5. BLACK DELUGE NIGHT
  6. FUNERAL THRASH
  7. SORDID
  8. MERCILESS

Line up

  • Aggressor: drums, bass, guitars, vocals
  • Apollyon: drums, bass, guitars, vocals
  • Blasphemer: guitars

Voto medio utenti

Che Fenriz avesse una passione tutta particolare per questi Aura Noir l'avevamo già capito in occasione della compilation uscita un mesetto fa, con la personale scaletta dei migliori pezzi black metal old school ad opera del batterista dei leggendari Darkthrone. In quella sede la scelta di inserire questi norvegesi ancora piuttosto sconosciuti mi aveva lasciato perplesso, ma devo ammettere che dopo aver sentito l'album per intero non sono più scettico come prima... il buon vecchio Fenriz c'ha azzeccato di nuovo! E casualmente questa è anche la prima uscita per la sua etichetta nuova di zecca, la Tyrant Syndicate, che si appoggia alla più affermata Peaceville. "The Merciless" si propone come un album di thrash grezzo grezzo sporcato spesso dal black vecchia maniera. Echi di Venom ed Hellhammer si affacciano per tutti i (pochi) ventotto minuti di durata, ma ciò che fa più riflettere è quanto i nostri Aura Noir venerino ed adorino i Celtic Frost. Mai ho sentito una musica così dannatamente simile agli svizzeri in quell'incedere malefico, sottolineato da un riffing a metà tra gli originali e i derivativi Darkthrone, con un pizzico di groove in più. Anche la voce potrebbe essere definita come il primo - e probabilmente l'unico - tentativo riuscito di imitare l'irraggiungibile prestazione vocale di Tom G. Warrior senza scimmiottarlo. Sentire "Black Metal Jaws" per credere! E' una cosa impressionante!! Gli otto pezzi contenuti nell'album sono tutti ispirati e travolgenti, pur senza sconvolgere. L'ottima prestazione di tutti e tre i musicisti, compreso Blasphemer dei più famosi Mayhem alla chitarra, ci fa capire ancora una volta quanto in Norvegia tengano a questo tipo di musica primordiale. Peccato che alla fine l'album duri meno di una mezz'ora, perché i presupposti per un buon lavoro ci sono tutti. Se solo il gruppo la smettesse di martellare a tutti i costi in alcuni punti (l'inizio dell'opener è al limite della sopportazione) e continuasse a puntare su quel mid-tempos asfissianti che ha dimostrato di saper comporre... comunque bravo Fenriz, sotto questi auspici la nuova etichetta discografica non può che decollare!
Recensione a cura di Alessandro 'Ripe' Riperi

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