Quando si tratta di esplicitare il “fenomeno”
Ted Nugent, il confine tra i termini “mito” e “fanfarone” è sempre piuttosto labile, ed è molto probabile che se fossi un madrelingua inglese, in grado di comprendere istantaneamente le
farneticazioni con cui condisce testi ed esibizioni
live, la mia opinione complessiva sul leggendario
MadMan di Detroit sarebbe leggermente diversa.
E’ sufficiente, però, sorvolare sui suoi classici sproloqui da
Real American, in fondo anche simpatici nella loro coerenza e nell’essere completamente
politically incorrect, e affidarsi alla sua fremente e penetrante
Gibson Byrdland, all’
hard-rock blues denso e impetuoso che prorompe da quelle sei corde e dalla sua vigorosa laringe, in una carriera costellata di faville soniche (e qualche momento di torpore, pure …), per non avere dubbi sul valore artistico di questo istrionico figlio della
Rock City per eccellenza.
“Shutup & jam!”, il nuovo
studio-album a sette anni dal precedente “Love grenade”, può essere tranquillamente considerato tra gli “alti” di una parabola artistica quasi cinquantennale, ed è encomiabile prima di tutto per l’energia e l’elettricità contagiosa con cui Ted e i suoi sodali (tra cui il fidato Derek St. Holmes ...) investono l’ascoltatore fin dal primo contatto.
“Shutup & jam!”, “Fear itself”, “I still believe”, “Screaming eagles”, la torrenziale "Semper Fi” e poi ancora le adrenaliniche “Do-rags and a .45” e “Trample the weak hurdle the dead“ (qualcosa tra Alice Cooper e Rolling Stones …), sono paradigmi di quell’immarcescibile formula che ha trasformato
blues e
rock n’ roll in qualcosa di decisamente più pesante e granitico, ma se cercate tracce ancor più consistenti e inviolate delle fonti originali di questo suono sarete accontentati da “Everything matters” e dalla versione
slow e
rootsy di “Never stop believing” (presente anche in una spigliata trascrizione melodica dagli accenti vagamente
pop-punk!), vivide manifestazioni di fervore espressivo e d’indomabile attitudine.
“Throttledown” è uno strumentale di buona efficacia e non credo siano in molti a potersi permettere di cantare candidamente “I love my bbq” senza apparire “troppo” ridicoli e buffoneschi.
Lasciamo per ultimo il commento riservato a “She’s gone”, un duetto con il sempre grande Sammy Hagar davvero gustoso, vibrante e coinvolgente, un concentrato di
rock duro yankee senza fronzoli, tanto “semplice” ed essenziale quanto irresistibile.
Ladies and gentlemen: il “selvaggio” è tornato … zitti tutti e lasciamolo
jammare!
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