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Info

Genere:Death Metal
Anno di uscita:2014
Durata:41 min.
Etichetta:Unique Leader Records

Tracklist

  1. STARLIT PATH
  2. CARVED FROM STONE
  3. THE NIGHT REVEALS
  4. THE FLESH PREVAILS
  5. LEVITATION
  6. ALONE WITH YOU
  7. ALLURE
  8. SAPPHIRE
  9. CHEMICAL CAVE

Line up

  • Rob Morey: bass
  • Alex Hofmann: vocals
  • Scott Carstairs: guitars
  • Andrew Baird: drums
  • Brian James (Deebs); guitars

Voto medio utenti

Allacciate le cinture perché oggi abbiamo a che fare con qualcosa di originale.

Questo qualcosa (tra poco gli daremo un nome) ci arriva da San Francisco e ce lo propone un quintetto di giovani musicisti estremamente preparati che taglia il traguardo del secondo album, prendendo le distanze con quanto prodotto fino a poco prima. I Fallujah hanno infatti esordito nel 2011 con un disco che mischiava influenze di Death, Cynic, Atheist, Obscura, qualche spruzzata di black, il tutto reinterpretato in chiave "new generation" ovvero passando per il "core" e il "djent", con relativo appiattimento. Con un balzo abissale, gli americani passano da un impersonale e stancante miscuglio trito e ritrito a un tuffo nell'ignoto, verso qualcosa che stanno creando ora, su questo nuovo The Flesh Prevail: l'ambient-technical-death.

Si può unire musica ambient con relative tastierone e mix di effetti fluidi, rilassanti, eterei, a sfuriate in blast beat, riffing serrato e growl? Sì, si può. Che poi piaccia, è un altro discorso. I Fallujah stanno ricevendo tante attenzioni in questo momento, sono portati in trionfo da molti, alte valutazioni e top album fioccano come non mai, ma prima di dirvi come la penso, vi spiego meglio quello che propongono.

Spesso le canzoni partono con calma inserendo uno strumento alla volta, in modo delicato, ci sono molte melodie trasversali e chitarre piene di effetti che a volte richiamano violini, altre un videogame, il tutto fuso con un flusso di tranquillità, un tappeto di tastiere e suoni echeggianti che creano un epicità senza tempo, una poesia sospesa. Chillout insomma, musica da relax, un sottofondo per lo yoga. Ora, tutto questo va a legarsi con lo sparatutto della batteria che si inserisce prepotente in ogni dove buttando colpi a raffica, uno straordinario lavoro di basso (davvero pregevole) viene spesso affiancato a breakdown di chitarra che fino a un secondo prima cercavano di costruire un viaggio spaziale e ora macinano riff secchi e taglienti. Il growl massiccio non si unisce armonicamente con le voci femminili presenti, semplicemente le prende a pugni. Si può sentire ogni minima cosa, ogni attacco millimetrico, perché la produzione è un rasoio, precisissima, fredda.
Certi momenti del Satriani più onirico e spaziale accoppiati a Cynic e Necrophagist.

Questo The Flesh Prevail non è assolutamente un ascolto facile, per la miriade di cambi di tempo, per l'accostamento musicale inconsueto e non nascondo che nei primi ascolti ho faticato a trovare canzoni riconoscibili, sentendo solo ammassi di assoli, blast beat a caso, tastiere onnipresenti e urla belluine cozzare con atmosfere futuristiche, voci femminili, echi spaziali e psycho-jazz.
Roba che cominciava a dare fastidio.
Poi, col tempo, sono entrato nel loro mondo e ora riesco ad apprezzare i brani, la loro epicità (alcuni sembrano una colonna sonora) e le grandi idee che ci stanno dietro. Dall'inizio del disco fino a Levitation le canzoni sono distinguibili, ti danno grandi emozioni e l'originalità, la fusione degli elementi ed il songwriting sono a livelli alti, molto alti. Da lì in poi, mi son reso conto che soluzioni prima piacevoli e interessanti, vengono usate e abusate, inflazionate, a volte non si arriva ad uno scopo, la noia prende il sopravvento e finisce che i 42 minuti del disco, diventino interminabili.

Sicuramente è un album di quelli che non capitano tutti i giorni, ed essendo quella dei Fallujah una proposta particolarmente singolare che può essere capita oppure no, ho evitato di apporre un giudizio. Avrete intuito che il mio parere è in prevalenza positivo ma, se siete stati incuriositi dalla descrizione, vi invito ad affrontarli e a capire di persona se questo viaggio fa per voi, non con un pezzo ma con tutto il disco, più volte. Potreste ritrovarvi davanti ad un'insensata pila di fango, come al disco dell'anno.

Recensione a cura di Francesco Frank Gozzi

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