Dopo i battibecchi in casa
Queensryche che hanno portato a due formazioni (si vabbè...), la moltiplicazione dei
Rhapsody, dei
Rage, ora anche gli
Entombed si sdoppiano e abbiamo così
L.G. Petrov da una parte (gli
Entombed cosiddetti "buoni") e dall'altra
Hellid e
Uffe che sono invece gli
Entombed... si, insomma... quelli che hanno suonato
Clandestine con l'orchestra.
Mah, a volte sembra che un morbo sconosciuto proveniente dagli asili e che normalmente infesta i mocciosi, si sia diffuso tra alcune formazioni del nostro ambiente.
I capricci. Capricci che hanno tenuto
Back To The Front fermo un anno (già pronto e annunciato) per il disbrigo degli scazzi interni alla band e delle questioni legali sulla detenzione del nome.
Basta parlare di aria fritta. Allora, com'è il disco di "debutto" degli
Entombed A.D.?
Direi come un disco degli
Entombed.Non quelli "veri" dei primi due immortali capolavori (inutile aspettarselo), ma molto simile al periodo
Morning Star/Inferno, questo è quello che salta subito all'orecchio. I compari che accompagnano
Petrov in questa "rinascita" sono i membri che hanno inciso
Serpent Saints (naturalmente tranne
Hellid) e con
Elgstrand che passa dal basso alla chitarra, e bisogna dire che svolgono un lavoro abbastanza buono sia in fase di songwriting che sotto l'aspetto esecutivo. Ecco, forse la batteria necessita di un po' più di varietà e di sburla (a volte davvero piatta) ma di tempo per migliorare ne hanno, dopotutto si tratta di un debutto. I brani sono divisi tra quelli più diretti e cattivi (
The Underminer, Waiting For The Death, Kill To Live), e quelli più "tranquilli" ed influenzati da stoner e hard rock con una sottile vena psichedelica (
Digitus Medius, Second To None, Bait And Bleed, Eternal Woe). Il tutto può tranquillamente essere considerato metal (non proprio death 'n' roll stile
Wolverine Blues), forse addirittura death metal, ma di quello "per famiglie", più abbordabile e meno estremo. Il suono delle chitarre è bello spesso e marcio come da tradizione (anche se tenuto piuttosto basso nel mix) ed anche le quattro corde hanno una bella presenza, apportando un deciso carico di pesantezza ma è proprio il vocione di
Petrov che spicca e ruggisce in modo fiero e potente, più che nelle ultime performace, come a gridare vendetta verso i propri ex-compagni.
Se non pensiamo a quello che furono e se non facciamo troppo i "puristi" (e mi ci metto in mezzo), possiamo godere di un disco quasi discreto, ascoltabile senza grande impegno e che rilascia tutto nei primi ascolti, dimostrandosi diretto e privo di orpelli. Chi ha invece gioito degli ultimi 12/15 anni della formazione svedese, troverà qui materiale per divertirsi, forse non esaltarsi, ma rimanere parecchio soddisfatto.