E’ obiettivamente sempre più difficile reperire una qualche forma di concreta “originalità” nell’ambito della scena
rock contemporanea, tra evidenti e dichiarati richiami (se non addirittura operazioni di autentica “clonazione”) alla storia del genere e fantomatiche “nuove frontiere”, magari gratificate da un sempre meno credibile prefisso “post”.
Poco male, in realtà, dacché quello che “conta” davvero, in fondo, è la capacità di “distinguersi”, anche solo manipolando con intelligenza e talento strutture e modalità espressive già collaudate e codificate da qualcun altro.
Ecco perché mi sento di definire i
The Black Rain un brillante gruppo di “hard-rock moderno” … non tanto per la sua proposta, genericamente accostabile a nomi quali Pearl Jam, Alter Bridge, Shinedown, Audioslave e Avenged Sevenfold, e quindi non particolarmente “eversiva”, ma perché i ragazzi di Bologna dimostrano di saper sempre gestire le loro influenze con personalità e carattere, arrivando, con il secondo
full-length, ad esibire qualcosa di abbastanza prossimo a quel concetto di “carisma” che si riconosce ai migliori interpreti del settore.
Dopo il sorprendente “Night tales”, il nuovo “Water shape” (bello il titolo Camilleri-
ano …) sembra voler ampliare ulteriormente i confini stilistici della
band, giungendo ad un risultato se vogliamo per certi versi ancora leggermente frammentario e tuttavia indice di una brama di “diversificazione” sicuramente encomiabile.
In quest’ottica devono essere accolte l’
opener “Shadows”, straniante commistione tra
hard-rock e
dark-wave (con suggestioni di The Cult, Sister Of Mercy, Vain e Simple Minds nell’impasto sonoro), "Without love”, ballata notturna ricca di
spleen, una "Flamenco dancer” che onora il suo titolo con calore latino ed elettricità anglosassone (con tanto di fugace rimando a “Innuendo” dei Queen …) e una "King of stones” che combina l’intensità dei Pearl Jam con il senso melodrammatico dei migliori U2, ottenendo effetti emotivi di notevole efficacia.
Le progressioni Zeppelin-
esche, opportunamente “aggiornate”, di “Mesmerize” accontenteranno gli estimatori del cosiddetto “new-old” e “Rock'n'roll guy” soddisferà chi ama le atmosfere bucoliche care a Eddie Vedder, mentre “(S)He's so amazing” solleciterà i sensi di tutti i musicofili con inclinazioni “sudiste” e “Times of trouble” quelli di chi invece predilige i groove densi e palpitanti di Tremonti & C., il tutto trattato con dosi significative di temperamento.
Le più canoniche “Robert Johnson” e "Brand new shoes” si lasciano comunque ascoltare con piacere e lo stesso si può affermare, sebbene in territori artistici assai differenti, per il fugace minimalismo strumentale di “Naked”.
Sottolineando l’importanza della timbrica ammaliante di Mirko Greco nell’economia complessiva dell’opera e rilevando la presenza di alcuni membri dei concittadini Rain a rappresentare il classico “valore aggiunto” della situazione, non mi resta che reiterare stima e considerazione (nonché votazione finale …) per i The Black Rain … un esempio di “work in progress” già alquanto valido e coinvolgente.
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