"Nature is a big part of the reason black metal even exists. And all types of pure music that comes from a pure place. The word 'Myrkur' means 'darkness' in Icelandic. The place where there are no boundaries, where no one can hurt me. And when I have sung the screams it, physically hurts but it feels like something is leaving my body. I can't remember it afterwards."

Dal nulla, senza nessun preavviso, in silenzio.
Myrkur debutta per la Relapse records.
Una donna.
Nessuna informazione, se non la provenienza danese. Solo ipotesi.
Myrkur, "oscurità" in islandese.
Tutti ingredienti affascinanti, come affascinante è questo EP di debutto intitolato "Nattens Barn".
Sette brani che uniscono gli Ulver del loro meraviglioso debutto, ma anche le frange più estreme del black norvegese dei primi anni novanta, con i vocalizzi dolci ed evocativi della misteriosa creatura che si cela dietro il progetto.
Musica, quindi, che amalgama la delicatezza della donna e della natura, che permea tutto il lavoro, con la durezza e la dissonante disperazione del puro black metal.
"Nattens Barn" è un lavoro gelido, oscuro, etereo. Le chitarre graffiano e urlano senza lasciare tregua. Il feeling ora maligno, ora suadente.
Epicità che fluisce, elegante, all'interno della natura e del suo isolamento ghiacciato come solo i migliori Enslaved hanno saputo fare in un lontano passato.
Brevi richiami al folk e misantropiche accelerazioni che duettano perdendosi nel buio.
Probabilmente quando parliamo di sonorità di questo tipo, tutto è stato già detto.
Ma non importa.
Myrkur è una artista da seguire. Da amare. Da cullare e da temere.
Disco da foresta.
Ora attendiamo il full length.