Prima che possiate continuare a leggere, vi avverto: qui di metal non ce n'è nemmeno l'ombra. Ma anche di rock ce n'è davvero poco eh, potremmo parlare più di ambient forse, di musica da camera, riflessiva oltre ogni limite. Camino, cane, sigaro e whisky.
Bene, se siete ancora in mia compagnia vi do una veloce introduzione al personaggio
Tim Bowness: inglese, conterraneo dello Stregatto di Alice nel Paese delle Meraviglie, Tim ha una carriera lunga ormai 32 anni con collaborazioni sparse davvero in tutto il mondo, Italia compresa.
La più importante di queste collaborazione è quella nei No-Man con un artista ben noto ai più, quello Steven Wilson che, sia da solista sia con i suoi Porcupine Tree, ha scritto pagine indelebili nella storia del prog, metal o rock che sia.
Frugando un po' tra queste collaborazioni, troviamo nel 2004 il suo primo lavoro solista al quale fa seguito, ben 10 anni di ulteriori collaborazioni dopo, il qui presente "
Abandoned Dancehall Dreams".
Che disco è? E' un disco di classe, questo è innegabile. La voce di Bowness è un vero piacere per i padiglioni auricolari di chiunque, le musiche che fanno da tappeto sonoro alla sua interpretazioni sono adeguatamente oniriche e cullanti. I 40 minuti che lo compongono scorrono davvero piacevoli, anche se si corre più volte il rischio di incappare in quell'eccesso di riflessione che chiamiamo arditamente sonno.
Per l'amor del cielo non stiamo parlando di un album noioso, giammai, ma è senza dubbio un album tanto semplice nella sua struttura quanto difficoltoso per il metallaro medio, abituato a una sequela più o meno costruita di rumori e suoni. Qui troviamo solo quiete, fatta eccezione forse per l'ottima opener "
The Warm-Up Man Forever", dinamica ed eclettica, ricca di parti di batteria e dai ritmi incalzanti.
Malinconia, sobrietà, calma, riflessione, intimità e pathos. Impossibile non arrivare a una conclusione che non racchiuda almeno 3 o 4 di queste parole nella descrizione di un disco come "
Abandoned Dancehall Dreams".
Tim Bowness si dimostra un artista eccellente, probabilmente non per tutti ma sicuramente di qualità.
Il SV è da intendersi in senso totalmente positivo, perchè un album del genere dev'essere vissuto in maniera intimistica e nessuno, all'infuori di noi stessi, è degno di sapere ciò che ci ha trasmesso.
Quoth the Raven, Nevermore..
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