Copertina 6,5

Info

Genere:Prog Rock
Anno di uscita:2021
Durata:38 min.
Etichetta:Svart Records

Tracklist

  1. ALAVA VAARA
  2. VAPAA JA AUTIO
  3. SISÄVESIEN RANNAT
  4. DYADI
  5. DYADI
  6. AINAVIHANTAA

Line up

  • Tony Björkman: guitar
  • Babak Issabeigloo: guitar, vocals
  • Juuso Jylhänlehto: drums
  • Ville Rohiola: Hammond, keyboards
  • Jonni Tanskanen: bass guitar

Voto medio utenti

A tre anni di distanza dal loro secondo album in studio (qui la recensione), tornano, sempre su Svart Records, i Malady, giovane gruppo finlandese dedito al glorioso Progressive Rock d'annata.

Rispetto ai primi due lavori in studio le novità non mancano e si segnala in maniera limpida e lampante l'introduzione in organico del sassofono, uno strumento molto caldo, sensuale e avvolgente che sa dare nuovi colori e sensazioni alla musica, ed in effetti in "Ainavihantaa" riesce bene in questo intento. Questa novità importante sa dare delle belle soddisfazioni musicali nelle varie parti strumentali che sono disseminate qua e là nel corso dell'album.

Pur se derivativi, il gruppo effettivamente è migliorato nel corso del tempo, ma quando subentra il cantante, ecco che i dubbi e le perplessità arrivano.
Se da un lato è coraggioso e apprezzabile l'uso della lingua locale, anche per via di un fattore di personalità artistica, d'altro canto invece c'è da sottolineare come il singer sia inefficace ora come ora nel ruolo importante che ha, con una perfomance molto fiacca, priva di verve e poco entusiasmante, che rischia di affossare quanto di buono c'è, anche perché il finlandese ha una fonetica molto particolare e bisogna essere realmente convincenti quando si seguono strade così audaci, in un mondo come quello del Rock per tre quarti anglofono.

Per il quarto album i Malady dovranno fare una scelta davvero importante: se vogliono continuare su questa strada dovranno sicuramente prendere provvedimenti per quanto concerne la parte vocale del loro sound che attualmente è ancora molto zoppicante, oppure, magari in maniera coraggiosa, potrebbero decidere di fare come i Soft Machine di "Fourth" (1971) e abbandonarsi completamente alla fantasia strumentale, magari cercando delle vie più personali di fare Progressive Rock.

Se così non dovesse essere, beh ci troveremo dinanzi ad un'altra band di onesti gregari che non esploderanno mai.

Recensione a cura di Seba Dall

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