Continua la mia personale crociata alla ricerca di nuovi talenti in campo classic, nel caso specifico power. Avete nostalgia dei primi due dischi dei Blind Guardian, prima che i bardi di Krefeld si trasformassero in impiegati statali di 3° livello? Avete nostalgia dei primi due dischi degli Iron Savior, quelli quando c’era ancora lo zio Kay? Avete nostalgia dei Running Wild di metà dei primi ’90, quelli della Pila di Teschi e Della Locanda della Mano Nera? NO, perché ora siete avanguardisti o ambientalisti? Smettete di leggere questa recensione. SI, allora qui trovate finalmente pane per i vostri denti ormai affamati da lungo, lunghissimo tempo. La Nobile Bestia in questione viene ancora una volta dagli States, Minnesota ed è rappresentata da quattro ragazzotti con una gran voglia di stupire il mondo, se il mondo avesse ancora voglia di essere stupito e liberarsi da questo maledetto incantesimo grigio che attanaglia le nostre testoline tutti i giorni creati dal Signore. Ma torniamo a parlare di musica che è meglio, questo dischino sarebbe potuto uscire tra il 1997-98 e oggi staremo parlando dei
Noble Beast come si parla dei nostri Rhapsody, con la sola differenza che questi sembrano intelligenti e quindi non sarebbero caduti nella soap opera dei nostri. L’attacco del disco è una vera dichiarazione di guerra a livello musicale, è la Banish From Sanctuary del nuovo millennio, no, non è una esagerazione, vi troverete ancora una volta a provare sensazioni sopite a percepire quella incredibile forza che solo pezzi come questi sanno dare, e a cantare un ritornello che sarebbe da esporre al MOMA, un brano di speed di incredibile fattura e convinzione. Il platter prosegue convincente in tutto il suo percorso e alla track 3 troviamo un altro piccolo/grande gioiello, Master of Depravity, e qui quelle melodie che hanno reso famosi i Guardian le ritroviamo tutte, ma non semplice copiatura bensi una nuova interpretazione di questo sound senza tempo, in fondo gli stessi tedesconi a suo tempo rielaborarono il classico sound dei connazionali a forma di zucca, tornando al pezzo qui abbiamo un ritornello che se quello di prima doveva andare al MOMA questo lo mettiamo come residenza fissa al Louvre, ascoltare per credere. E via, si prosegue tra chitarre powerissime, batteria fulminea e varia e la voce di Rob Jalonen, che ricorda una via mezzo tra Sielk e Kursch ma con una impostazione quasi baritonale che rende l’ascolto incredibilmente divertente e spensierato e come non menzionare ancora la bellissima quasi title track o l’elaborata ma trascinante Peeling Back The Veil, fino ad arrivare alle conclusive On Wings Of Steel (dove l’omaggio ai Running Wild è evidentissimo) e la mia preferita Nothing To Repent, un altro gioiellino power di rara bellezza. Come potete vedere non mi sono soffermato troppo sulla descrizione dei singoli brani, l’ho fatto apposta per darvi la possibilità di ascoltare il disco senza avervi svelato troppo.
Una considerazione però la voglio fare su una qualità che il prodotto in questione possiede e ve ne accorgerete subito al primo ascolto. La freschezza compositiva legata ad un entusiasmo trascinante. In un momento dove quasi tutto nel mondo del metal sembra costruito a tavolino o quasi, questi ragazzi non vogliono mostrarsi per quello che non sono, non hanno bisogno di conciarsi come una metal band anni ottanata per dare l’effetto nostalgia, non hanno bisogno di farsi accompagnare o sponsorizzare da chissà quale produttore famoso o registrare il disco in chissà quale storico studio. Sono semplicemente grandi appassionati di questa musica, l’hanno ascoltata, l’hanno fatta loro e ora ce la ripropongono secondo la loro personale reinterpretazione, con un entusiasmo e ripeto una freschezza che ai miei occhi valgono come il più bel diamante a questo mondo.
Ora io spero vivamente che la loro avventura possa continuare, con altri dischi, che qualche etichetta li possa notare e possano continuare a farci sognare con la loro bravura. Io so che dalle loro parti sono già diventati un piccolo culto e sono impegnati in una grande attività live in locali specializzati e pub e ho percepito che Mr.Jalonen è una persona squisita grazie ad un breve scambio di mail e quindi si meritano tutto il bene di questo mondo, anche perché io mi sono stufato di parlare sempre delle solite quattro band ormai morte e sepolte con noi metallari che piangiamo davanti alle loro tombe aspettando una resurrezione che al confronto quella di Lazzaro è stata come bere un bicchiere d’acqua. E’ ora di cambiare pagina e spero che bands come i Noble Beast possano essere tra i primi capitoli di questo nuovo libro tutto da scrivere, intanto non so se questa recensione qualcosa possa fare, ma io voglio mettercela tutta per aiutarli, quindi dalla casa di un’umile scribacchino nella profonda provincia italiana arriverà una valutazione che mi auguro tanto possa essere la caduta del primo tassello di un favoloso effetto domino.
A cura di Andrea “Polimar” Silvestri
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