L’ultimo “
Into The Pantheon”, estratto del concerto tenutosi al Wave Gotik Treffen (WGT) l’11 Giugno del 2011, aveva anticipato il nuovo full-lengh degli
Empyrium, aulica band teutonica, dedita al culto della natura e della tradizione.
La band rompe rispetto all’ultimo “
Weiland”, disco interamente acustico, tornando alle origini metal, anche se non dovete immaginarvi assoli e doppia cassa a manetta, bensì una costante tensione tra mood acustici e derive elettriche in chiave neoclassica.
Altro ritorno è la lingua inglese, in luogo del natio tedesco.
Tema centrale del disco, come lascia intendere il titolo, è il mare e le sue onde. Anche in questo caso c’è un punto di rottura, con l’abbandono della primaria fonte di ispirazione, ovvero quei paesaggi romantici di brughiere e foreste nebbiose, di albe fredde e tramonti siderali.
Apre la splendida “
Saviour”, pezzo carico di orchestrazioni e dal mood operistico, anche grazie all’intreccio di voci dei due componenti della band. Intensa, poetica, densa di significati, con quel
“
There is no pain without beauty at all” ripetuto all’infinito.
La successiva “
Dead Winter Ways” ha un mood gotico, affine alla darkwave neoclassica, oscuro, che si apre su una chitarra dal lamento doomy, sorretta da un growling brutale che fa da contraltare ad una voce bassa e potente.
“
In The Gutter Of This Spring” è malinconia suadente, rarefatta malinconia che si fa sconvolgimento dell’anima nel progressivo e mastodontico finale. Stupenda.
“
The Days Before The Fall”, è misticismo crepuscolare, è rituale pagano fatto musica, folk dal sapore medievale.
“
We Are Alone” ruota interamente intorno a note di piano raffinate e nostalgiche.
“
With The Current Into Grey” è probabilmente il pezzo più bello ed evocativo del disco, come se gli
Alcest decidessero di mettersi a suonare folk. Medesimo gusto per la melodia, anche se diverso è il modo di declinarlo. Notevoli gli echi di synth che rimandano alla darkwave anni ’80.
La conclusiva title-track fa un po’ il sunto di tutto il disco, della sua drammatica poesia, delle note rarefatte che dipingono paesaggi crepuscolari e intimi, fino al finale e ineluttabile naufragio, scandito dalla risacca che chiude il pezzo.
Gli
Empyrium tornano con un disco all’altezza delle aspettative, facendo felici coloro che non avevano gradito la volta completamente folk di “
Weiland”, ma non trascurandone le intuizioni.
Raffinato, elegante, evocativo. Per anime romantiche in cerca di struggimento.