Absentia Lunae,
Ævangelist,
Ne Obliviscaris,
As Light Dies…
Ultimamente mi capita spesso di recensire gruppi che si fanno beffe della cara, vecchia forma-canzone, optando così per strutture compositive più fluide e libere.
Nulla in contrario per quanto mi riguarda, anzi: mi permetto di segnalare ai metallari conservatori -quelli, per intenderci, che non vanno oltre
Accept e
Motorhead, e che ritengono i
Pain of Salvation dei pericolosi sovversivi- che non c’è bisogno di scovare moderne realtà fusion-math-djent-post-avantgarde per sfuggire al sacro schema strofa-bridge-ritornello.
La lista sarebbe sterminata, ma credo che
Stairway to Heaven,
Bohemian Rhapsody e
Hallowed Be Thy Name possano bastare.
Al tempo stesso, guai a commettere leggerezze nel senso opposto, snobbando cioè estrinsecazioni musicali fieramente abbarbicate alla tradizione: si finirebbe per perdere piccole grandi gemme, fra le quali il nuovo album dei
Nightingale.
Dan Swanö ha dimostrato da anni di saper piegare lo spartito ad ogni suo capriccio e desiderio, raggiungendo risultati eccellenti tanto nei progetti estremi quanto in quelli soft (esplorando, nel frattempo, tutto quanto vi sia nel mezzo).
Con
Retribution il genio svedese decide di spingersi sul secondo versante, spogliando la sua creatura delle lacere vesti gothic (presenti ormai solo in alcune lyrics) e riducendo gli orpelli progressive al minimo sindacale (giusto qualche giro di keys del fratello
Dag); ne esce il lavoro più eighties, levigato e smaccatamente melodico della sua carriera.
Il risultato? L’ennesimo successo!
Eggià (si può scrivere? boh…), poiché laddove latita l’originalità sopperiscono esperienza, songwriting, buongusto e classe.
Amalgamando il pomp rock dei
Magnum con l’AOR dei
Foreigner, e apponendo l’inconfondibile timbro sonoro col quale marchia ogni sua opera,
Swanö ha saputo confezionare dieci tracce deliziosamente retrò, da ascoltare a ripetizione crogiolandosi nella beltà di melodie, arrangiamenti e hooks dei tempi andati.
Scorrendo la tracklist non si rintracciano cali significativi -per quanto la seconda metà del lavoro non tenga il passo con la prima-, ma credo sia doveroso segnalare alcuni picchi d’eccellenza: penso all’opener
On Stolen Wings, sorta di vademecum sulla costruzione del brano perfetto (“
Incredibile amisci! Pagina 5 del Manuale dell’Hard Rock!” urlerebbe un entusiasta
José Altafini), allo strepitoso lavoro di arrangiamento presente su
Forevermore, all’elegante (e contagioso) ritornello di
Chasing the Storm Away, o ancora alla linea vocale di
Divided I Fall (dopo tanti anni il timbro dello svedesone continua a darmi i brividi, c’è poco da fare).
Non vi basta?
Allora aggiungo gli incentivi: la copertina del Maestro
Travis Smith è già in cima alla mia classifica degli artwork 2014; non da meno la produzione, avvolgente e calda come da tempo non mi capitava di sentire.
A
Retribution mancano giusto due cosette per raggiungere l’Olimpo dei capolavori assoluti: qualche cambio di ritmo in grado di movimentare l’ascolto e il puro, autentico colpo di genio.
Per quello aspettiamo i prossimi passi discografici dei
Witherscape; nel frattempo “accontentatevi” dell’ennesima perla di un artista mai troppo lodato.