Prendi un giovane e promettente combo brasiliano, aggiungi alle loro immancabili influenze anche la voglia di incorporare sonorità e nuances che richiamano alla cultura mediorientale, et voilà i
Kattah. I quattro baldi giovini ci giungono al secondo full length, "
Lapis Lazuli", che spalma su 54 minuti quello che vi ho detto io in una frase e mezzo.
La base è power metal, spesso e volentieri atmosferico e "prog" nel senso di continui cambi di atmosfera e (rare) digressioni in tempi dispari. Su tutto svetta come un condor la voce di
Roni Sauaf, pluriosannato cantante-attore-songwriter, per me la versione giovane (e meno preziosa) di un Frankenstein tra Dickinson, Kotipelto, Kahn e Tate, senza avere la personalità dell'unghia del piede mignolo di uno qualsiasi dei nomi succitati.
Riff potenti ma banalotti, la produzione di
Roy Z (che poi perchè sbandierarlo a tutti i costi, ma che vuol dire? Avete bisogno di quello per vendere? Quindi mi state dicendo che l'album in sé non è granché! Oppure è solo un valore aggiunto, ma vuol dire che Roy Z non ne sbaglia mai una?? Vabbé, potremmo andare avanti per anni....). L'album scorre via piacevole e un pò ridondante, ma a me è proprio la voce di Roni che disturba un pochino, troppo di testa, troppo interessata alla caccia all'acuto, tanto che a volte perde di carattere. I brani sono tuttavia buoni, senza particolari scossoni tra questo o quello.
Album consigliato giusto per la particolare commistione di sonorità arabe e brasiliane, ma non aspettatevi sto capolavoro di disco, eh.
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