Tenetevi forte perché questa è roba che scotta, musica forgiata nelle fiamme dell'inferno.
La terra dei canguri? La terra del demonio piuttosto! Altro che sole, spiagge e animaletti tenerelli, la qualità delle band australiane (e zone limitrofe) in campo estremo negli ultimi anni è incredibile e ha radici nell'odio puro, formazioni che uniscono brutalità ad innovazione (
Portal), gruppi che sperimentano nuove forme di annichilimento (
Ulcerate,
Impetuous Ritual), c'è chi flirta col doom (
Disembowelment) e chi, in modo intelligente, rade al suolo ogni cosa:
Disentomb.
Dopo aver impressionato tutti con un disco di debutto di qualità davvero elevata (
Sunken Chambers of Nephilim, 2010) che in meno di 30 minuti riuniva la lezione di
Disgorge,
Internal Suffering e
Suffocation, oggi i quattro australiani rilanciano mettendoci del loro. Introdotto dallo splendido artwork di
Nick Keller,
Misery parte dal suono delle band appena citate e si allarga, inserisce ulteriori variazioni nel brutal death dei Nostri proponendo una musica sì intricata ma allo stesso tempo densa, oscura, suonata alla perfezione ma non sterile. Gli australiani non si avvalgono di espedienti come una produzione "grezza", super pulita o compressa, quello che salta fuori è il loro songwriting, non c'è trucco, non c'è inganno siori. Certo, i suoni sono leggermente più curati di quelli del disco precedente (un po' affogato) ed i riff sono udibili in maniera migliore, sono tuttavia cambiamenti non determinanti. Nello spazio di 3 minuti (durata media dei pezzi) l'ascoltatore viene preso e rivoltato come un calzino, sconquassato dall'impatto micidiale dei riff (una marea!), dai monolitici rallentamenti in cui sono inseriti fini cambi ritmici e blast mortali, linee di basso che ti si infilano nella carne, tutto terribilmente sotto controllo, tutto ha una direzione ed un fine: oppressione ed annientamento. Merito soprattutto del groove che riescono a sprigionare, quella sensazione che ti sale dentro, che ti fa entrare nelle canzoni, morbida, pesante, intensa. Ascoltate
Megaliths of Despair per capire cosa intendo. A scrivere canzoni intricate ed ultra tecniche sono ormai capaci in molti, farlo rendendo la musica un reale incubo, in pochi. Il cantato, come da tradizione è un growl bassissimo/pig squeal indecifrabile, se variassero maggiormente questo punto ci si potrebbe divertire ulteriormente. Forse il disco non è troppo facile da seguire ma questo genere è così, è materia per pochi, e quei pochi sono abituati e godranno da matti. Per capirci, rivolgendomi ancora a chi non è inserito nel brutal, i
Sepultura in confronto sono happy-power.
Nessun assolo, nessuna facile melodia, "solo" un muro di fuoco.