Tool, Porcupine Tree, Deftones e Isis, a cui magari aggiungere un pizzico di Stone Temple Pilot, sono questi, a grandi linee, gli artisti che dovete amare per apprezzare l’esordio discografico dei tedeschi
Eden Circus.
Il “problema”, però, è che se siete veri estimatori dei gruppi menzionati, vi sarà impossibile non classificare “Marula” come una superficiale trascrizione dei loro insegnamenti, assorbiti più nella forma che nella sostanza.
Le composizioni, pur complessivamente gradevoli, finiscono per “galleggiare” sui gangli sensoriali dell’ascoltatore, e invece di strapazzarli con violente bordate di energia
psicotronica, si limitano a solleticarli con onde emotive tecnicamente precise e tuttavia troppo di “maniera” per colpire davvero nel profondo.
L’effetto di tale situazione è un
full-length piacevolmente “atmosferico”, eccessivamente diluito e contrassegnato da un senso d’inquietudine e melodramma abbastanza innocuo, anche a causa del canto di Siegmar Pohl non particolarmente incisivo e “empatico”.
Qualche “strappo” di marca Opeth-
iana cerca di rendere maggiormente varia una sceneggiatura che in realtà impressiona solo nelle dense vibrazioni di “Comfort” e “101”, nelle cupe visioni
psych di “Arc” e nelle intriganti sovrapposizioni soniche di “A shore uncertainty”, mentre il resto del copione si limita a reiterare senza sensibili scosse i medesimi archetipi espressivi, riservando solo qualche flebile scintilla nelle scorie
grunge di “Devoid of purpose” e “Summon a ghost”.
Un debutto non esaltante per un gruppo che si percepisce colto, ambizioso e capace, ma che deve ancora trovare il modo di potenziare la sua personalità artistica nei settori intensità, carisma, sintesi e misura … tutti aspetti fondamentali per chiunque decida di affrontare con determinazione e acume questo genere musicale.
Non è ancora stata scritta un'opinione per quest'album! Vuoi essere il primo?
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?