Ancora del metal epico e battagliero proveniente dalla Grecia.
Questa volta tocca agli Airged L'amh, i quali, a dispetto dei natali, devono il proprio nome ed il concept sul quale snodano il loro primo vero album, "The Silver Arm", alle leggende celtiche. In realtà questi ateniesi avevano già realizzato un primo lavoro autoprodotto ("Vertigo Edda Arised", contenente cinque canzoni) già nel 1996, per poi ripubblicarlo nel 2002 con l'aggiunta di due nuovi pezzi. Credo che in ogni caso lo stesso gruppo non abbia nulla in contrario a considerare quest'album come un nuovo inizio. Tra l'altro il titolo stesso dell'album: "The Silver Arm", è proprio il corrispettivo in inglese del gaelico Airged L'amh.
I 13 brani inclusi sul CD ripercorrono la leggenda della tribù di Tuatha de Dannan e del Re Nuada, e musicalmente si prestano con facilità a fare da sottofondo alle situazioni proposte dal concept. Credo di non portare nessuno fuori strada prendendo gli Omen ed i primissimi Liege Lord a paragone, anche se poi gli Airged L'amh ci mettono parecchio di proprio.
Infatti, su un vigoroso Power Metal ottantiano troviamo spunti celtici e folk, ma anche l'approccio più enfatico dei Manowar e, sebbene meno marcati, rimandi a due cardini della NWOBHM come Saxon ed Iron Maiden, e a soluzioni al limite del Thrash Metal.
La produzione è ruvida, forse pure più del dovuto, sopratutto per le parti di batteria, ed anche il cantante Steve Venardo non è certo in vena di finezze: una voce roca ma allo stesso tempo piena e potente.
L'album prende il via con un'intro piuttosto canonica (sullo stile dei Bal-Sagoth) e tocca quindi a "Guardians Of The Ancient Deeds" fare la differenza. Un brano che trapela di feeling eroico e di sferzate energiche, dove ha un ruolo predominante l'impiego di cori, sì maestosi ma volutamente grezzi. Altri brani ("Dissention Seeds" o "Warp Spasm") sono meno ariosi e si presentano su ritmiche serrate, quasi thrash. Troviamo anche un pezzo come "Mourning Grief" che si rivela la ballad del disco, arpeggi ed un cantato sofferto, magari non originale ma di sicuro impatto emotivo. La titletrack, dopo un inizio sostenuto, si apre ad un break e a cori che ostentano gli aspetti più epici del gruppo, che vengono rilanciati da "Splendor Divine" e "Painless Vengeance", mentre la componente celtica la incontriamo sopratutto su "The Arrival".
Non è comunque semplice "vivisezionare" questo album, compatto ed allo stesso tempo ricco di spunti interessanti e talvolta inattesi.
Promossi sul campo di battaglia!
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