Asciugandomi il baffo dall'idromele, mi appresto a scrivere due righe su questi germani fieri, battaglieri, rudi e potenti che con questo settimo (!) album continuano a proporre il loro death metal orgogliosamente vichingo.
Gli
Obscurity avrebbero avuto forse più fortuna se non ci fossero stati in giro gli
Amon Amarth, con cui condividono buona parte del sound e del pensiero mitologico/guerresco? Chi può dirlo? La band di
Hegg e compagni non è tuttavia l'unica a cui questi cinque svuota-boccali si ispirano, qualche rimando folk di scuola
Finntroll, spruzzate di black svedese tipo
Naglfar, ed un tocco di
Vreid completano una proposta tanto "immobile" stilisticamente quanto apprezzabile nei contenuti. Se da un lato non si può dire di aver visto una vera e propria evoluzione dall'inizio della loro carriera (1997 la fondazione, 2000 il debutto), dall'altro non si può negare una qualità costante ed una determinazione d'acciaio. Il nuovo
Vintar non fa eccezione, pregno di ruvidi testi in lingua tedesca, enunciati dalla ruggente voce di
Agalaz che con il suo growl/scream (con controcori annessi) guida canzoni prevalentemente in mid tempo ma che non si tirano indietro quando c'è da accelerare. Le chitarre inseriscono epiche melodie in tremolo picking ed hanno un sapore vagamente black metal, mentre il basso rimane percepibile nonostante sia relegato a fare il "lavoro sporco" in coppia col motore dei tamburi. Le scorribande di questi rozzi nordici figuri sono roba semplice, diretta, con i muscoli, che non può nascondere un certo fascino ancestrale.
Prendete le mutande di pelo e affilate le asce, c'è da assaltare il prossimo villaggio.
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