Copertina 7,5

Info

Anno di uscita:2014
Durata:59 min.
Etichetta:Napalm Records
Distribuzione:Audioglobe

Tracklist

  1. HEADWINDS
  2. SIDEREAL COURSE
  3. THE CASTING
  4. NOTHING STANDS OBSCURED
  5. GULLVEIG
  6. ARCHAIC RITES
  7. BEACON IN BLACK HORIZON

Line up

  • Clayton Cushman: guitars, vocals, bass, keys
  • David Csicsely: drums, vocals, guitars

Voto medio utenti

Sono tante, tantissime le formazioni a stelle e strisce che si lasciano affascinare dal folklore europeo, meglio ancora se di matrice scandinava.
Ecco quindi che due baldi giovanotti di Arvada (Colorado) decidono di evocare, per mezzo del moniker, il cavallo di Odino, dotato di otto zampe ed in grado di galoppare su acque e cieli; non paghi, forgiano il loro impianto lirico basandosi sulle saghe norrene; come ovvio, le sonorità…

Eh no, sarebbe troppo semplice.
Niente pagan/viking alla Falkenbach, ma una peculiare mistura di doom e folk declinata con una sensibilità che spazia dal black atmosferico allo psychedelic rock anni ’70 (evidente sin dalla splendida copertina).
Un bel melting pot, che a vario titolo chiama in causa Black Sabbath, Mastodon, Led Zeppelin, Agalloch ed Hawkwind, e che i The Flight of Sleipnir propongono dal 2007 attraverso cinque full lenght. Per amor di verità non ho ancora ascoltato i quattro che precedono V., ma devo dire che la voglia mi è venuta eccome.

Rimanendo focalizzati sull’ultima release, impiegherete poco a venir assorbiti dalle fosche trame tessute dai Nostri, abilissimi nell’alternare soffusi passaggi acustici a possenti trame chitarristiche.
Quasi tutti i brani vivono di simile alternanza, mantenendo vivo l’interesse nonostante la ragguardevole durata media. Scorrendo la tracklist spiccano senz’altro Gullveig, che materializza le sognanti atmosfere di Strange World (Iron Maiden), la conclusiva Beacon in Black Horizon, il cui main riff tradisce le influenze stoner del combo, e The Casting, ove trovano cittadinanza i retaggi estremi di Clayton Cushman e David Csicsely.

Pecche?
Qualcosina c’è: lo screaming, molto sottile e monocorde, cozza contro lo spesso guitar sound -uscendone sconfitto- piuttosto che legarvisi; oltre a ciò, i suoni di batteria peccano di dinamica ed escono piatti dalle casse.
Poi vi sarebbe il problema della difficile collocazione di un gruppo davvero sui generis e non inseribile in un preciso filone, ma mi rifiuto di considerarlo un vero e proprio difetto.

Forse un sound così ibrido ha finito per frenare il potenziale commerciale della band, ma tanto ormai si vende poco comunque… tanto vale suonare la musica che si ama, no?
Speriamo che l’approdo alla Napalm possa smuovere un po’ le terse acque discografiche; voi, miei cari The Flight of Sleipnir, limitatevi a continuare così.
Siete forti, come direbbe Celentano.
Recensione a cura di Marco Cafo Caforio

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