Copertina 6

Info

Anno di uscita:2020
Durata:37 min.
Etichetta:Black Sunset

Tracklist

  1. MISERY SEEDS
  2. DEAD WILL CARRY THE DEAD
  3. ELYSION
  4. SHROUD
  5. COLDER

Line up

  • vocals: S.
  • guitar/vocals: P.
  • guitar: T.
  • drums: A.

Voto medio utenti

Incipit da matusa (quale peraltro ormai sono): in un contesto sociale frenetico, superficiale ed afflitto da evidenti deficit di attenzione come quello odierno, alla qualità senza acuti è quasi certamente preferibile la totale aberrazione.
Applicando al caso che ci occupa: per quanto triste e paradossale, meglio una ciofeca assoluta rispetto ad un album caruccio e nulla più.
Purtroppo l’esordio degli Ascian, almeno alle mie orecchie, rientra appieno nella seconda categoria.

Nei solchi di “Elysion”, infatti, non si rinviene nulla che faccia gridare allo scandalo, ma nemmeno emergono elementi capaci d’innalzare la miscela sonora oltre il livello dell’onesta sufficienza.
Il combo teutonico, stando alla bio, dovrebbe cimentarsi in un ibrido tra doom e post black. Di quest’ultimo, tuttavia, non si odono che timidi echi -perlopiù ammonticchiati nelle iniziali “Misery Seeds” e “Dead Will Carry the Dead”-, mentre si scorgono più marcati rimandi al death ed al funeral.

Come immaginerete i riff tetri e minacciosi, i ritmi blandi anzichenò e le vocals (talvolta cavernose, talaltra declamate in clean) dipingono paesaggi cupi e luttuosi che potranno ricordarvi realtà come Evoken, My Dying Bride od Ophis.
Tuttavia lo scarto con le succitate realtà, in termini di portata emotiva e qualità compositiva, è ad oggi notevole; basti pensare che il sottoscritto, dopo svariati ascolti in cuffia, fatica ancora a rimembrare un passaggio, una melodia, uno spunto davvero convincente.

Elysion”, in ultima analisi, può venir rubricato come occasione persa: gli Ascian non sono affatto sprovveduti, la produzione ottenuta agli Opus Magnum Studios di Bruxelles convince, e brani come la conclusiva “Colder” si lasceranno apprezzare dai cultori del genere.
Nel complesso, però, ci troviamo di fronte ad un full length che fa troppo poco per imporsi, e che ben difficilmente tornerà a girare nel mio stereo.

Urge, a partire dalla prossima release, maggior intraprendenza; magari ne uscirà una ciofeca assoluta, ma almeno ci avrete provato.
Mantenendo lo status quo, temo che l’approdo più probabile sia il Limbo.
Recensione a cura di Marco Cafo Caforio

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