Copertina 6,5

Info

Anno di uscita:2014
Durata:45 min.
Etichetta:Pure Rock Records

Tracklist

  1. INVITED TO HELL
  2. TWICE SHY
  3. GLASS GAME
  4. TWISTING MY MIND
  5. WASTED
  6. LOST ON A MOUNTAIN
  7. NIGHTWALKER
  8. TAKEN YOUNG BEN’S SONG
  9. THE FINAL NIGHTMARE

Line up

  • David Poulter: vocals
  • Ian Hamilton: bass, vocals
  • Mr. Scratch "Animal" Padgett: drums
  • Tracey W. Abbott: guitars
  • Tim Hall: keyboards, vocals

Voto medio utenti

Gli Overdrive che hanno da poco dato alle stampe "The Final Nightmare", non sono - come erroneamente avevo immaginato - quella formazione svedese già incrociata e recensita in passato, infatti, arrivano dall'Inghilterra, dove si sono formati addirittura sul finire degli anni '70. Tuttavia, a dispetto di tutti questi anni di militanza alle spalle, gli Overdrive non hanno accumulato chissà quanti lavori, realizzando solo cinque album, l'ultimo dei quali proprio questo "The Final Nightmare" uscito per la Pure Rock Records.

Che le loro radici affondino nel lontano passato è evidente nel sound, fortemente vintage e a metà strada tra i primi Saxon e i Deep Purple. E, in effetti, il loro cantante David Poulter (alla sua prima incisione con gli Overdrive) può ricordare sia Biff Byford sia Ian Gillan, anche se la sua voce fin troppo spesso esce quasi stentorea (la purpleiana "Twist my Mind" o la più ruvida "Wasted") e intimidita. Non manca nemmeno qualche tentennamento in occasione di "Nightwalker", un bel brano che fa largo sfoggio di melodie e soluzioni corali, cui seguono due dei momenti più rappresentativi del disco, quali la drammatica e classicheggiante "Taken Young (Ben’s Song)" e la conclusiva titletrack con i suoi toni epici (tanto da far pensare ai Rainbow) e oscuri, quasi al limite del doom.

Anche la resa sonora non snatura quelle che sono le origini di "The Final Nightmare", che - va ricordato - è stato masterizzato nientemeno che da Chris Tsangarides, produttore che ha lavorato al fianco di gruppi come Judas Priest, Anvil, Gary Moore o Thin Lizzy.

Certo che a forza di raschiare il barile il rischio di andare a riproporre degli obbrobri che avrebbero meritato solo l'oblio tende a salire in maniera esponenziale. Non è questo il caso degli Overdrive che si ripropongono con un lavoro che presenta diversi spunti di interesse, anche se poi offre il meglio nella sua parte conclusiva, con un crescendo che contribuisce così a sollevare una votazione che si stava già orientando verso una sufficienza striminzita.




Listen close what is this, not bird or plane
Could it be the review fucking with your brain
All it takes just one touch over one, two, three
With a flick of a switch turn on... Metal.it
Recensione a cura di Sergio 'Ermo' Rapetti

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