L’
hard rock blues è un soggetto difficile da “spiegare”. Anzi, direi che è proprio impossibile, mentre è molto agevole da “capire”, almeno quando si tratta di materiale di qualità superiore.
Se la fruizione di questa “vecchia robaccia” riesce a farvi vibrare le viscere e accapponare la pelle, e se socchiudendo gli occhi, vi sembra di essere avvolti da una spirale di fumo, elettricità, sudore e feromoni,
beh, state certi che i musicisti che vi stanno “di fronte” hanno l’attitudine, il talento e la tecnica necessarie a tradurre in emozione pura una sequenza di note sostanzialmente immutata fin dalla sua prima apparizione sulla Terra.
Gente che in uno studio di registrazione può fare molto bene, ma che è dal vivo che offre il meglio della sua arte, esponendo con disarmata naturalezza tutta la forza espressiva di cui è dotata, dimostrando, spesso attraverso l’alternanza di
standard del genere e composizioni proprie, quanto impetuoso sia il “sacro fuoco” che gli scorre nelle vene.
Pat Travers è uno di questi straordinari interpreti della materia, una “storia” importante alle spalle e un presente vivace e lucido, tanto da sfornare di recente un lavoro godibile e brillante come “Can do”.
Ascoltarlo, però, in questo “Live at the Iridium NYC” registrato nel febbraio del 2012 a New York, vi farà comprendere ancora di più la vera “dimensione” di un grandissimo artista, per cui gli effetti del tempo sembrano insignificanti.
Nessuna particolare “sorpresa” ovviamente, solo tanta buona musica, esecuzioni esuberanti (con una sezione ritmica potente e inesauribile) e intense, pilotate da una voce aspra e ammaliante e da una chitarra che entra in “comunicazione” diretta con il cuore degli astanti e
dice molto di più di tante inutili parole.
Un programma pieno di “classici”, tra brani appartenenti alla discografia di Travers (due titoli su tutti, “Rock and roll Susie e “Crash and burn”) e scintillanti celebrazioni (Robert Johnson, Ray Charles, Jimi Hendrix, Howlin Wolf e Ram Jam, con una galvanizzante versione della loro “Black Betty”, in origine un canto da lavoro della popolazione afro-americana ...), che dovrebbe riuscire a mettere d’accordo
fans del canadese,
rockofili alle “prime armi” e magari anche qualche “metallaro” non ottenebrato da “paraocchi”.
Lunga vita a Pat Travers … grazie a personaggi come lui questo mondo sembra un po’ meno freddo e superficiale.