Vi svelo un piccolo segreto: prima d’iniziare la mia collaborazione con questo glorioso portale, quando leggevo il redattore di turno scrivere:
“
La recensione di quest’album esce così in ritardo perché mi ci son voluti mesi per comprenderlo appieno”
“
Ho preferito non toccare quest’opera per alcune settimane, così da farla decantare e vedere se reggeva il test del tempo”
“
Non sarei stato in grado di scrivere un articolo assennato prima di aver ascoltato il disco almeno trenta volte”
Ho sempre e immancabilmente pensato:
“
Sì, come no, valla a raccontare a qualcun altro: ti sarai dimenticato i file mp3 in qualche cartella sperduta nel desktop”.
Secondo
Giulio Andreotti a pensar male degli altri si fa peccato, ma spesso si indovina, e non escludo di averci preso in più di un’occasione; eppure, dopo aver valorosamente battagliato col prode
Frank per accaparrarmi l’ultimo
Negura Bunget, mi sono ritrovato a pensare di aver mal giudicato qualche “collega”.
Non si tratta certo di un problema di qualità, e lo vedete coi vostri occhi: top album, voto 8, serissimo candidato per un posticino nella mia poll di fine anno.
Il fatto è che ho trovato
Tău terribilmente difficile da capire, analizzare, valutare.
Peculiare, innanzitutto, la collocazione: prima parte di un ambiziosissimo progetto musicale/visuale/concettuale denominato
Transilvanian Trilogy, che si dipanerà lungo l’arco di tre album (visto il nome sarebbe stato bislacco il contrario),
Tău succede altresì a
Vîrstele Pămîntului, album strepitoso che contiene una delle mie canzoni preferite di sempre (
Dacia Hiperboreana).
Il nuovo parto è quindi chiamato a confermare la continuità della band pur nell’instabilità della line up: dopo lo stravolgimento del 2009 vi sono stati ulteriori avvicendamenti, facendo assurgere ancor più il buon
Negru al ruolo di
deus ex machina.
Missione compiuta: basteranno i primi minuti dell’opening track
Nametenie, con quel flauto ipnotico e i soffusi passaggi acustici, a trasportarci nella realtà onirica e paradossale che i fan del gruppo hanno imparato ad amare.
La successiva
Izbucul Galbenei, al contrario, ci riporta alla realtà a forza di schiaffoni: efficacissime partiture black e riff implacabili la rendono, a mio avviso, uno dei momenti migliori.
Da quanto ho capito,
Tău si concentra sui paesaggi transilvani, mentre i due futuri capitoli esploreranno tradizioni e spiritualità proprie di quelle terre.
Ebbene, tanto
La Hotaru Cu Cinci Culmi quanto
Curgerea Muntelui assumono contorni contemplativi, cheti, propri di chi si fermi nel mezzo di una foresta per sentir l’odore del terriccio bagnato e degli aghi di pino. Entrambe esplorano con profitto il lato più folk/ambient del sound dei
Negura Bunget: la prima ha un retrogusto quasi tribale, mentre la seconda presenta un coro droneggiante e un finale jazzato di grande impatto.
Molto più baldanzoso, invece, il prosieguo del platter, inaugurato dagli arrangiamenti sinfonici e dalla comparsata di
Sakis dei
Rotting Christ nella bella
Tărîm Vîlhovnicesc.
Altrettanto smargiassa
Împodobeala Timpului: la prima parte ci dimostra come suonerebbero i
Finntroll se fossero rumeni, mentre i fiati di matrice balcanica della seconda gettano un ideale ponte tra
Negura Bunget e
Goran Bregovic (!). Un piccolo shock, non lo nego, per quello che va rubricato come esperimento riuscito solo a metà.
Ci penserà il finale a farvi sentire di nuovo a casa: le magnifiche
Picur Viu Foc e
Schimnicește sembrano uscire direttamente dal capolavoro
Om. Misteriose, surreali e bellissime, le ultime due tracce calano il sipario nel modo migliore.
Come avrete compreso, non parliamo di un prodotto perfetto: la fase centrale presenta qualche passaggio a vuoto; si sarebbe potuto assemblare meglio la scaletta; momenti di altissimo lirismo convivono con altri meno ispirati è già sentiti in precedenti release.
Eppure, trovo che la grandezza e l’unicità della band siano tali da permetterci di superare qualche difettuccio: forse non al loro miglior livello in assoluto, ma i Nostri si dimostrano comunque -e di nuovo- una spanna sopra rispetto al 95% della concorrenza.
Cari
Negura Bunget, non so se sono riuscito a decifrare del tutto la vostra ultima opera, o se tra qualche mese e qualche decina di ascolti il mio giudizio muterà; nel frattempo, incassate l’ennesima recensione entusiastica della vostra carriera.
Ve la meritate.
P.S.: occhio all’edizione limitata con 72 pagine di libretto e tre video inclusi…
http://www.youtube.com/watch?v=yG6BcesgOW0