Due differenti identità geografico-artistiche al servizio dell’estetica raffinata e conturbante della
new-wave e del
gothic-rock.
Non è difficile identificare in tali termini l’essenza di questi
Neracruz, fondati a Londra nel lontano ’95 da Raff Cruz, italiano di nascita, britannico d’adozione e negli anni attivo in varie
bands, tra cui Sigue Sigue Sputnik e Underneath What.
Due anime che si riflettono nella
line-up del gruppo e nelle sue scelte espressive, suddivise tra inglese e madrelingua (spesso alternati all’interno dei singoli brani … una soluzione di grande suggestione), a comporre, visti i riferimenti stilistici, un’interessante miscellanea tra Sisters Of Mercy e The Cult da un lato e (primi) Litfiba e Neon dall’altro, senza dimenticare di aggiungere al quadro complessivo un pizzico di attitudine maggiormente
mainstream, riconducibile a gente come Simple Minds, Billy Idol e Luciferme.
La mediazione funziona piuttosto bene, grazie soprattutto alla cultura e alla “misura” dei protagonisti, molto abili nell’onorare, con personalità e senza incorrere in fastidiose manifestazioni retoriche e parodistiche, una “scena” ancora oggi assai apprezzata della comunità
rockofila (vedasi il successo di Editors, Interpol, White Lies, ecc.).
Il disco, così, appare allo stesso tempo accattivante e inquietante, in un misto di luce e ombra sempre equilibrato e convincente, sostenuto da una classe compositiva e interpretativa certamente non banale e dalle capacità di un
vocalist in grado di essere credibile e di trasmettere emozioni autentiche pur non nascondendo i suoi evidenti modelli canori (con una particolare predilezione per Ian Astbury, direi).
Con un
team in “cabina di regia” di notevole valore e professionalità (produzione affidata a Nicolò Fragile e
mixaggio curato dal noto Marco Trentacoste), “Neracruz” saprà ammaliare gli
aficionados del genere con una manciata di pezzi tutti ben congeniati e melodicamente parecchio coinvolgenti, adatta anche ad affollare i
dance-floor più oscuri e decadenti.
Sottolineando, tra i singoli, pure la sensibilità esecutiva di Marco Mazzesi, non mi resta che consigliare i Neracruz a chi pensa che un “suono”, per quanto molto codificato e popolare, possa essere adeguatamente celebrato e non solo emulato.
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