Danko Jones mi ha sempre dato l’impressione, utilizzando una sfruttata ma efficace metafora calcistica, di uno di quei centrocampisti di buona qualità le cui doti principali sono, però, l’impegno costante e l’affidabilità, un atleta capace di assicurare sempre un solido contributo in mezzo al campo, e solo occasionalmente sorprendere i sostenitori con giocate di classe o con qualche
goal importante.
Anche senza scomodare “classici” come una “vita da mediano” (o magari “l’aurea mediocritas” di Orazio …), è sufficiente analizzare la carriera piuttosto corposa e moderatamente gratificante del canadese per accorgersi di quanto questa sia priva di autentici picchi almeno quanto di profondi avvallamenti.
E nemmeno il nuovo “Fire music” riesce a sovvertire questo stato di cose, proponendo la consueta viscerale miscela di
hard n’ punk attenta, come accade già da qualche tempo, a non esagerare sia nelle ruvidità e sia nelle levigatezze.
In realtà, a ben sentire, quest’ottavo albo della
band mi sembra leggermente più ispirato dei suoi predecessori recenti, in virtù del recupero di un pizzico di quella freschezza e irruenza che avevano contraddistinto gli esordi dei nostri e che li aveva portati all’attenzione della “scena”, infuocando i palchi di mezzo mondo.
Ed ecco affiorare il plausibile nocciolo della questione … Danko e i suoi sodali (tra cui il nuovo
drummer Rich Knox) rappresentano, in sostanza, un’occasione da non perdere laddove impegnati in un
live-show, mentre si dimostrano un po’ meno “fondamentali” quando lo studio di registrazione s’interpone tra la loro innata energia e i risultati percepibili dalle rigide pastoie di un dischetto digitale.
Riflessioni che comunque non impediscono al programma di suonare godibile e appagante, soprattutto quando sono le ammiccanti “Wild woman” e “She ain't coming home” (un po’ alla Social Distortion), la metallica “The twisting knife” (con un coro che piacerà a tutti i Maiden-
fans!), l’ardore iconoclasta di “Body bags”, la scalciante " Do you wanna rock” e ancora l’Hendrix-
iana “Getting into drugs” a conquistare il proscenio, in un corroborante frullato di
riff urticanti ed essenziali,
hooks melodici e sventagliate di adrenalina.
Nel bene e nel male, una “garanzia”, insomma … a voi decidere se è meglio dedicarsi esclusivamente all’affannosa ricerca di fantomatici “fuoriclasse” o se talvolta ci si può accontentare di comprovati e generosi faticatori del
rock n’ roll.